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12 Luglio 2022L’EX MOGLIE DISPONE DI UN COSPICUO PATRIMONIO: NO ALL’AUTOMATICA RIDUZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Cassazione civile sez. I – 06/07/2022, n. 21392
FATTI DI CAUSA
Il Sig. P. in data 28.4.2014- innanzi il Tribunale di Napoli – ha proposto ricorso per separazione giudiziale con addebito alla moglie, Sig.ra T.G..
Con ordinanza presidenziale il ricorrente veniva gravato di assegni mantenimento a favore della moglie e del figlio maggiorenne V.X., rispettivamente dell’importo di Euro 3.000 ed Euro 2.000. La Corte d’Appello di Napoli, a seguito di reclamo, proposto dal P., riduceva ad Euro 1.200 l’assegno mensile a favore del predetto figlio, e revocava quello di Euro 3.000,00 a favore della moglie.
Nel giudizio è stata espletata consulenza tecnica di ufficio tesa a verificare la condizione patrimoniale dei coniugi P. e T.. Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 3738/2019 ha pronunziato la separazione con addebito al P., obbligandolo al versamento in favore della T. di un assegno mensile dell’importo di Euro 3.000; ha rigettato, inoltre la richiesta della moglie di ottenere un contributo al mantenimento del figlio maggiorenne.
Con atto del 16.7.2019 il Sig. P. ha proposto appello, chiedendo la riforma del capo n. 1 del dispositivo della sentenza, ossia quello relativo all’addebito a suo carico, nonché del capo 2, riguardante l’assegno di mantenimento riconosciuto alla moglie.
Quest’ultima, nel costituirsi in giudizio, ha proposto contestuale appello incidentale chiedendo sia la maggiorazione del suo assegno, da Euro 3.000 ad Euro 20.000, e sia l’ammissione a favore del figlio di un assegno di mantenimento pari ad Euro 5.000.
La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 1104/2020 ha ritenuto che “dall’esame comparativo dei rispettivi patrimoni e redditi emerge una consistente posizione economica di T.G., la quale, tra l’altro, è pur sempre titolare di una quota del 31,25 % del capitale della (OMISSIS) s.r.l., pur essendo stata privata da ogni ruolo operativo nella gestione della società e dell’albergo. Ed è proprietaria di immobili prestigiosi e redditizi. Sicché questa Corte ritiene che l’assegno di mantenimento possa essere ridotto a Euro 1.500 mensili, con rivalutazione Istat”; ha rigettato l’appello incidentale della moglie sulla richiesta per l’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne ritenendo che il suo stato di inoccupazione possa essere imputato ad una sua colpevole inerzia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
1. Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto e dei contratti ex art. 360 c.p.c., n. 3 Falsa applicazione dell’art. 156 c.c., art. 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c.. La Corte di Appello avrebbe deciso la riduzione dell’assegno di mantenimento della ricorrente applicando erroneamente i criteri di quantificazione dello stesso indicati ex lege. In sede separativa, a dire della ricorrente, l’assegno di mantenimento, in assenza di dichiarazione di addebito, deve essere adeguato per il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio anche in considerazione della capacità patrimoniale dei coniugi, dei loro beni, della durata del matrimonio, l’attività degli stessi in ragione delle proprie capacità e potenzialità reddituali. Nel caso di specie la ricorrente ha delle capacità reddituali lavorative molto ridotte a causa dell’età. La sentenza avrebbe motivato la riduzione, valutando esclusivamente l’esame comparativo tra i patrimoni e le partecipazioni azionarie della moglie senza valutarne la reale capacità reddituale e sottovalutando le voci dei bilanci della Società (OMISSIS) s.r.l. che evidenziano Utili precedenti non distribuiti e riserve non distribuite da rivalutazione delle partecipazioni.
2.Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5. Falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 156 c.c., artt. 112,113,118 e 132 c.p.c..
La Corte non avrebbe tenuto conto che la CTU aveva verificato la costante decrescita dei redditi della ricorrente a fronte di un forte implemento di quelli del marito “anche se estinti, occultati (probabilmente su conti fiduciari) o depauperati, con prelievi senza destinazione, al solo fine di sottrarsi agli accertamenti del caso”. La ricorrente evidenziava che la riconosciuta discrezionalità nella valutazione delle prove non esime, però, i giudici di merito ad “enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione… che si esplicita nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua ignoranza iniziale dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio”.
3. I motivi possono essere valutati insieme perché sono strettamente correlati.
Con riferimento all’assegno ex art. 156 c.c., dovuto in ragione della separazione, il motivo è fondato.
Questa Corte ha ribadito il principio della “sostanziale diversità che caratterizza il contributo in favore del coniuge separato rispetto all’assegno divorzile ed ha confermato che “il dovere di assistenza materiale, nel quale si attualizza l’assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini fondamentali del matrimonio e non presenta alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche temporanea, di separazione… sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio” (Cass., n. 12196/2017 ribadita poi in sede di principio da Cass., n. 9686/2020). La Corte di appello, tuttavia, diffondendosi sulla comparazione tra i reciproci dati reddituali e patrimoniali, nulla dice sulla ricostruzione ai fini del mantenimento) del tenore di vita coniugale, limitandosi a verificare la posizione economica della ricorrente e ad attribuire l’assegno “in funzione del ridimensionamento dei contraccolpi negativi che la separazione ha avuto sul me’nage del coniuge meno abbiente”. L’evocata posizione patrimoniale della ricorrente era, del resto, sicuramente preesistente.
Orbene, non v’e’ alcun riscontro sull’adeguatezza dell’entità dell’assegno per mantenere il tenore di vita precedente, per quanto questo fosse alimentato anche dall’accertato patrimonio personale preesistente della moglie.
La sentenza va cassata perché la Corte territoriale, a cui va nuovamente rimessa la controversia, valuti – in uno con la liquidazione delle spese di questa fase – l’entità dell’assegno di mantenimento, spettante alla ricorrente, in funzione del mantenimento del tenore di vita coniugale, previamente da ricostruire.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli perché, in diversa composizione, provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri elementi identificativi a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 2.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 giugno 2022.
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