19.3.2022 – Corte di Cassazione Penale – Sezione II – Sentenza n. 8328 del 21.12.2021 (dep. il 10.3.2022)

RIPRENDE CON FORZA L’OROLOGIO “DONATO” ALLA PROSTITUTA POCO PRIMA: CONDANNATO PER RAPINA


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Cassazione penale sez. II – 21/12/2021, n. 8328

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna dell’odierno ricorrente già pronunciata dal Tribunale di Civitavecchia con sentenza 4 ottobre 2016 in relazione a fattispecie di rapina tentata per aver colpito con un bastone Godwill Flavour “al fine di procurarsi l’ingiusto profitto di una prestazione sessuale senza pagarne il prezzo con pari danno della persona offesa, non riuscendo tuttavia nell’intento per cause indipendenti dalla propria volontà, a causa della resistenza opposta dalla p. o. e dall’intervento di terze persone”.

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, F.P.G., articolando i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dichiarata penale responsabilità. La Corte territoriale avrebbe ignorato i motivi di appello ratificando acriticamente la ricostruzione del giudice di primo grado. Difetterebbe nel caso di specie il requisito della altruità della cosa mobile e comunque l’intero episodio si esaurirebbe in una lite fra una prostituta ed un cliente in ordine alla restituzione di un oggetto dato in pegno per il successivo pagamento.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dichiarata penale responsabilità per le contestate lesioni aggravate. La Corte avrebbe erroneamente ritenuto inattendibili le dichiarazioni dell’imputato che invece avrebbe potuto avere una falsa percezione del numero delle persone venute in soccorso della donna.

Inoltre, stante la presenza di una lite, risulterebbe inverosimile che la donna si sia solo difesa.

2.3. Violazione di legge vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al giudizio di valenza.

Erroneamente la Corte avrebbe ritenuto la mancanza di elementi che giustificassero la concessione delle circostanze attenuanti generiche stante il contesto in cui i fatti sono avvenuti, le personalità delle parti contrapposte, il tipo di precedenti penali vantati dall’imputato che invece risulterebbe essere stato soltanto aggredito.

3. La trattazione del ricorso è avvenuta con le forme previste dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

3.1. Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Maria Giuseppina Fodaroni, ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato perché il fatto non sussiste in ordine alla contestata rapina e per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione in relazione alle rimanenti contestazioni. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze riguardanti la ricostruzione dei fatti (secondo motivo di ricorso) risultano proposte al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità rimanendo al di fuori dei poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, Rv. 234559; Sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, Rv. 253099). Nel caso di specie, l’iter argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi perché fondato su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi in atti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, non essendo presenti errori nell’applicazione delle regole della logica e nella articolazione del giudizio o omissioni decisive o illogicità manifeste.

Risultano infatti adeguatamente valorizzate le deposizioni T. e la radicale inverosimiglianza della versione resa dall’imputato a fronte di una ricostruzione logica emergente dalle dichiarazioni della P.O., peraltro pienamente coerente con il contesto di tempo e di luogo in cui i fatti si sono svolti.

3. Quanto alle doglianze in punto qualificazione giuridica dei fatti, la vicenda risulta caratterizzata dai seguenti elementi fattuali: l’ottenimento della prestazione di natura sessuale prospettando una successiva dazione in contanti previa immediata consegna dell’orologio, da restituire solo qualora fossero poi consegnati i contanti; la violenza finalizzata a riprendersi l’orologio che il ricorrente aveva spontaneamente ceduto in conto e a garanzia del pagamento della prestazione illecita.

3.1. Il ricorrente esclude la presenza di una fattispecie di rapina affermando la mancanza di altruità della cosa. Al proposito, deve rilevarsi che il riferimento alla presenza di un pegno avente ad oggetto l’orologio a garanzia del pagamento della prestazione sessuale risulta del tutto improprio sia per mancanza dei requisiti formali sia in relazione alla peculiarità della vicenda e della contrattazione. Entrambe le parti ben erano a conoscenza che il contesto in cui l’attività si svolgeva era assolutamente borderline risultando entrambi incontestabilmente consapevoli che il proprio accordo, relativo a prestazione sessuale concordata in strada e da fornirsi dietro un cespuglio, non corrispondeva ai canoni tipici di una pattuizione lecita con la conseguenza che la collegata dazione – al netto della impropria evocata destinazione a garanzia – risultava un anticipo in natura dell’adempimento di una obbligazione naturale.

Risulta infatti dalle dichiarazioni di entrambi i protagonisti della vicenda che l’accordo comprendeva il fatto che la donna tratteneva l’orologio come corrispettivo della prestazione che forniva pur accettando la possibilità di una successiva dazione di una somma in contanti. Ciò implica che la dazione dell’orologio rilevava piuttosto quale parte di una strutturata e impropria forma di pagamento per una prestazione contraria al buon costume.

Di conseguenza, anche a voler ritenere che l’imputato non avesse voluto cedere definitivamente la proprietà dell’orologio, la violenza finalizzata a riottenerne il possesso atteneva a quanto dato in conto pagamento la cui restituzione era però esclusa dall’ordinamento (art. 2035 c.c., norma dettata con specifico riferimento a fattispecie e contesti quali quelli oggetto del giudizio). Ne consegue, sotto questo aspetto, la correttezza della qualificazione giuridica offerta dai giudici del merito e comunque il difetto di interesse dell’imputato a prospettare la possibilità di riqualificare i fatti in termini di fatto corrispondenti a una estorsione laddove comunque residuerebbe la costrizione della donna a eseguire una restituzione non dovuta.

4. Quanto alle doglianze in punto trattamento sanzionatorio, deve rilevarsi la congruità della sussistente motivazione sia in relazione alla riconosciuta recidiva sia in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

4.1. La sussistenza della recidiva è stata ritenuta in considerazione della natura delle precedenti condanne, della indifferenza rispetto alle stesse, peraltro nemmeno particolarmente risalenti, logicamente desumendosi l’ingravescente stabilità della scelta criminosa e della correlata pericolosità.

4.2. Legittima e congrua appare anche la motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche in conseguenza del comportamento processuale caratterizzato dalla negazione dell’evidenza. Rileva anche al medesimo fine la valorizzazione ex art. 133 c.p. della gravità dei precedenti ben potendo un dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del “ne bis in idem” (cfr. Sez. 2, Sent. n. 24995 del 14/05/2015 Rv. 264378).

5. Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 3000,00.

L’inammissibilità del ricorso – in particolare dei motivi relativi alle contestate lesioni e al trattamento sanzionatorio – preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266). 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge/d’ufficio.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2022 

Si riceve su appuntamento a:

Lodi – Lombardia
Corso Archinti n. 31
Pavia – Lombardia
Corso Cavour n. 17
Pietrasanta (Lucca) – Toscana
Via Strettoia n. 181

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