26.7.2022 – Corte di Cassazione Civile – Sezione I – Ordinanza n. 22593 del 19.7.2022

ESCLUSA LA RESPONSABILITA’ DEL PARCO ACQUATICO NEL CASO DI TRAUMA CRANICO OCCORSO NELLA FRUIZIONE DI UN’ATTRAZIONE

Cass. civ., sez. VI – 3, ord., 19 luglio 2022, n. 22593

Fatti di causa

1. Nel 2012 P.E. convenne dinanzi al Tribunale di Catania la società (omissis) s.r.l., esponendo che:

-) la società convenuta gestiva un parco divertimenti acquatici denominato “Acquapark (omissis)”;

-) tra le attrazioni del suddetto parco una ve n’era, denominata (omissis), consistente in uno scivolo di immissione in piscina;

-) l’attrice, dopo aver utilizzato la suddetta attrazione, a causa dell’impatto con l’acqua patì un trauma cranico che le provocò una ischemia cerebrale con emiplegia sinistra;

-) responsabile della caduta doveva ritenersi la società (omissis) ai sensi degli artt. 2043,2050 e 2051 c.c..

Concluse pertanto chiedendo la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti sopra descritti.

2. La (omissis) si costituì e, oltre a chiedere il rigetto dalla domanda attorea, chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la (omissis) s.p.a..

3. Con sentenza 15 dicembre 2017 n. 5188 il Tribunale di Catania rigettò la domanda, escludendo l’esistenza d’un valido nesso di causa fra le strutture ludiche predisposte dalla (omissis) e il danno patito dall’attrice.

La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.

4. Con sentenza 23 settembre 2019 n. 2052 la Corte d’appello di Catania rigettò il gravame.

La Corte d’appello, dopo aver richiamato e condiviso i rilievi già compiuti dal Tribunale, aggiunse che l’attrazione denominata “(omissis) ” era priva di pericolosità intrinseca; che essa era conforme agli standard di sicurezza previsti per strutture di questo tipo; che la vittima era portatrice di una intrinseca fragilità carotidea, ignota ad essa stessa, avente natura di circostanza eccezionale idonea ad escludere per la sua anomalia il nesso di causa tra la condotta ascritta alla (omissis) e il danno.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da P.E. con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso la (omissis).

Ragioni della decisione

1. Col primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per mancanza della motivazione.

1.1. Il motivo è manifestamente infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata esiste ed è ben chiara: non vi fu un nesso di causa fra la condotta della società convenuta e il danno.

2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2051 c.c.

Al di là di tale intestazione formale, nella illustrazione del motivo si sostiene che “il primo giudice” aveva fondato la sua decisione “su afferma ioni non provate del c.t.u. e su ipotesi e presunzioni non provate”; che sarebbe stato onere della (omissis) informare gli utenti del parco acquatico “che un certo numero di persone è soggetto per traumi spontanei (…) o per traumi indotti da fatti esterni alla dissecazione della carotide”; che il danno era stato causato dall’uso della struttura, mercè le sollecitazioni violente subite dalla carotide durante l’elevata velocità raggiunte in talune parti del percorso di discesa, unitamente all’impatto con l’acqua della piscina; che in definitiva la Corte d’appello aveva escluso il nesso di causalità violando i principi giurisprudenziali che presiedono all’accertamento di esso.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La emiparesi patita dalla vittima è stata causata da una dissecazione carotidea, e il giudice di merito ha escluso che l’uso dello scivolo sia stato la causa della suddetta lesione vascolare.

Lo stabilire se tale valutazione sia coerente od incoerente con i dettami della clinica e della statistica medica è questione di puro fatto, esulante dal giudizio di legittimità.

2.2. Le superiori osservazioni non sono infirmate dalle deduzioni svolte dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’ar.t 380 bis c.p.c., in particolare alle pp. 9-11.

Ivi la ricorrente sostiene una tesi così riassumibile:

-) questa Corte ha ripetutamente affermato che la responsabilità del custode ha natura oggettiva;

-) di conseguenza “il Atto ignoto non è idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico del fatto”;

-) ergo, anche se resta ignota la causa del danno, il custode ne risponde ugualmente.

Queste osservazioni non possono essere condivise, in quanto si fondano su una erronea lettura della giurisprudenza di questa Corte.

Il principio ripetutamente affermato, infatti, è sensibilmente diverso da quello invocato dalla ricorrente.

Questa Corte non ha mai affermato quel che la ricorrente pretende di farle dire, e cioè che nel giudizio di risarcimento del danno da cose in custodia il custode risponde anche se resti ignota la causa del danno. Ha affermato invece il ben differente principio secondo cui, a condizione che sia certa la derivazione del danno dalla cosa, resta irrilevante la circostanza che non si riesca a stabilire in che modo o con quale meccanismo la cosa abbia prodotto il danno (così, in particolare, Cass. 24342/15, richiamata anche dalla ricorrente).

3. Col terzo motivo la ricorrente denuncia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.

Il fatto che assume omesso è rappresentato dalla consulenza tecnica di parte da essa prodotta in primo grado.

3.1. Il motivo è inammissibile per una duplice ragione: sia ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c., in quanto nei due gradi di merito vi è stata una doppia decisione conforme in punto di fatto; sia in ogni caso perché l’omesso esame d’un documento non integra gli estremi del vizio di omesso esame del fatto decisivo, alla luce di quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la nota sentenza 8053/14.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna P.E. alla rifusione in favore di (omissis) s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

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