MULTA PERCHE’ SENZA MASCHERINA: DA ANNULLARE SE IL VERBALE NON E’ PRECISO E DETTAGLIATO
Giudice di pace – Bressanone, 09/03/2022, n. 4
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 26.05.2021 il suddetto ricorrente proponeva opposizione avverso il verbale di contestazione (omissis) del AA emesso dalla Legione Carabinieri (omissis), Stazione di (omissis), nonché derivante ordinanza d’ingiunzione n. (omissis) di (omissis), data (omissis) notificata in data (omissis).
Il sig. AA esponeva che in data 22.10.2020, alle ore 23.00, dopo aver festeggiato con colleghi la nascita di una bambina, si stava dirigendo verso la città per comprarsi le sigarette quando presso il complesso universitario di (omissis) veniva fermato da un carabiniere, al quale il ricorrente passava i suoi dati personali come da questo richiesti, per poi allontanarsi. Il sig. AA dichiarava di aver indossato la mascherina e la sciarpa. Alle ore 16.30 del 23.10.2021 si recava alla caserma di (omissis) e mostrava agli agenti dei selfies per provare che aveva rispettato le norme relative al contenimento covid19.
Nella stessa giornata del 23.10.2020 veniva emesso e notificato al ricorrente il verbale di contestazione (omissis)
Seguiva l’ordinanza d’ingiunzione n. (omissis) emessa in data (omissis) dalla Provincia Autonoma di (omissis) con la quale veniva comminata al ricorrente una sanzione pecuniaria di euro 410,65 per violazione dell’art. 4, comma 1, del decreto legge del 25 marzo 2020, n. 19, della legge provinciale della Provincia Autonoma di (omissis) n. 4 dd. 08 maggio 2020 che all’art. 1, punto 6) dispone che “Negli spostamenti nel territorio della provincia di Bolzano si osservano il divieto di assembramento, l’obbligo di distanziamento interpersonale di sicurezza e vanno utilizzate, da parte degli adulti e dei bambini in età scolare, protezioni delle vie respiratorie in tutti i casi in cui vi sia la possibilità di incontrare altre persone con le quali non si convive.” nonché dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 40 dd. 09.10.2020 che prevede l’obbligo di “indossare un dispositivo di protezione delle vie respiratorie in tutti i luoghi al chiuso, se non diversamente stabilito da protocolli di sicurezza o dalle misure contenute nell’allegato A della legge provinciale 08.05.2020, n. 4; di indossare il predetto dispositivo in tutti i luoghi all’aperto, quando ci si trovi in prossimità (1 metro) di altre persone non conviventi e comunque in ogni situazione di possibile assembramento. “
Non ritenendo la sanzione legittima, il sig. AA presentava opposizione presso questo Giudice di Pace.
Con decreto di data 09.06.2021 il Giudice di Pace fissava per la comparizione delle parti l’udienza dell’08.09.2021.
Si costituiva l’amministrazione opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione perché inammissibile e infondata. L’opposta faceva presente che il ricorrente si era avvalso della facoltà di presentare dei difensivi scritti presso la Segreteria Generale della Provincia autonoma di (omissis) entro il termine di 30 giorni
ribadendo di aver indossato una mascherina, diversamente da quanto specificato nel verbale di contestazione.
Dalle controdeduzioni presentate dai carabinieri si evinceva che il sig. AA “Si trovava in stato di ebbrezza alcolica, avrebbe provocato gli agenti e non avrebbe indossato la mascherina, anche se intimato più volte dagli agenti che si erano recati all’università di (omissis) in seguito ad una segnalazione di assembramento. L’insistente atteggiamento nel violare le misure di contenimento covid avrebbe indotto gli accertatori a sanzionare il sig. AA
Alla prima udienza il Giudice di Pace riteneva la causa matura per la decisione e rinviava all’udienza di data odierna per la lettura del dispositivo con contestuale deposito della motivazione sulla decisione.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
In considerazione dell’entità della sanzione amministrativa di euro 400,00, che rappresenta oggettivamente una somma altamente pregiudizievole per le finanze del cittadino medio, si rende doverosa un’attenda verifica dei presupposti normativi che stanno alla base dell’ingiunzione di pagamento oggetto del presente ricorso.
In forza della delibera del Consiglio dei Ministri del 31.01. 2020, emessa in virtù del com b. disp.artt. 7 co. 1° lett. C) e 24 co 1 ° del D.lgs. 02.01.2018, veniva dichiarato lo stato di emergenza nazionale, in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.
Il D.lgs. 02.01.2018, (il c.d. “Codice della Protezione Civile”), prevede, infatti, che il Consiglio de Ministri deliberi (ex art. 24) lo stato di emergenza, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, qualora ne ricorrano i presupposti.
Va fin da subito precisato che detta delibera non può essere considerata come atto avente forza di legge, stante il disposto di cui al5° co. dell’art. 24 D.lgs. n.1/2018, a tenore del quale detto tipo di atto rientra nel novero dei provvedimenti non normativi esclusi dal controllo preventivo circa la loro legittimità ed il loro fondamento; il che, conseguentemente espone questi stessi atti al controllo da parte dell’autorità giudiziaria, che è finalizzato a verificare se la delibera sia stata emanata sulla base di sussistenti presupposti normativi.
Orbene, il D.lgs. n. 1/2018 all’art. 7 individua le tipologie degli eventi emergenziali, fra le quali rientrano, lett. c), le: “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24”.
Come ineccepibilmente enunciato dalla sentenza n. 1842/2021 emessa in data 08/11//2021 dal Tribunale di Pisa, alla quale si rimanda per relationem, “l’epidemia o la pandemia non rientrino in alcun modo nell’ambito della calamità naturale, per il semplice motivo che sono dimensioni di crisi del tutto diverse fra di loro”.
Il Legislatore, nel redigere un testo onnicomprensivo sulla Protezione civile come il d.lgs. 1/2018, non ha infatti indicato il rischio epidemico fra quelli a causa dei quali occorre intervenire, previa dichiarazione di stato di emergenza comunale, regionale o nazionale.
Manca, perciò, un qualsivoglia presupposto legislativo su cui fondare la delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020, con consequenziale illegittimità della stessa per essere stata emessa in violazione dell’art. 78, non rientrando tra i poteri del Consiglio dei Ministri quello di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria.
Questo Giudice di Pace quindi fa proprie le conclusioni statuite dal giudice di merito del capoluogo toscano: “la delibera dichiarativa dello stato di emergenza adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. A fronte della illegittimità della delibera del CdM del 31.01.2020, devono reputarsi illegittimi tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COV/O 19, nonché tutte le successive proroghe dello stesso stato di emergenza. “
Alle similari conclusioni sono pervenuti il Giudice di Pace di Frosinone con sentenza n. 519/2020 ed il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza n. 54/2021.
Si ritiene comunque opportuno entrare anche nel merito della contestazione de quo. Si rileva infatti che i Carabinieri della Compagnia di Bressanone, con il verbale di data 23/10/2020, contestavano la violazione della Legge n. 35/2020e L.P. n.4/2020 perché “in Bressanone – via Dante presso il complesso universitario (omissis) nonostante invitato non faceva uso delle protezioni respiratorie”.
Come noto, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa in tema di onere probatorio se l’opponente ha sollevato contestazioni sull’esistenza dei fatti costitutivi del suo obbligo, tali contestazioni non onerano l’opponente anche alla prova dell’inesistenza dei fatti costitutivi del suo obbligo; al contrario, la prova dell’esistenza dei fatti costitutivi dell’obbligo si pone a carico dell’amministrazione opposta, che viene a rivestire – dal punto di vista sostanziale – la posizione di attrice. Ad essa, quindi, incombe l’obbligo di fornire la prova adeguata della fondatezza della sua pretesa, mentre all’opponente, al contrario, spetta provare le circostanze negative contrapposte a quelle allegate dall’Amministrazione (Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza n 1921/2019).
Al ricorrente veniva contestata una condotta asseritamente contraria alla L.P. n.4/2020 che prevede l’obbligo di indossare le mascherine in tre ipotesi diverse e distinte: 1) quando sono probabili assembramenti, 2) quando vi è la possibilità concreta di incontrare o incrociare qualcuno, 3) quando non sia possibile mantenere la distanza interpersonale di due metri.
Tale disposizione è fondata per le prime due ipotesi sulla possibilità/prevedibilità, e la terza su un dato oggettivo, ossia la mancata del distanziamento interpersonale di due metri. Ebbene, la norma si fonda su una revisione di pericolo in termini di possibilità e probabilità, ma essendo fattispecie astratta deve trovare poi conforto oggettivo in quella concreta, cioè la prevedibilità della possibilità/probabilità deve essere provata in sede di accertamento. Limitarsi al mero dato oggettivo del “non faceva uso delle protezioni respiratorie” come riportato nella motivazione del verbale non consente in concreto di stabilire se quel giorno ed in quel preciso momento, il luogo dell’accertamento fosse affollato al punto tale da obbligare il ricorrente d indossare la mascherina a fronte dell’impossibilità di garantire il distanziamento dalle altre persone. Tali circostanze fattuali, infatti, costituiscono il presupposto della violazione e devono essere l’oggetto della contestazione, in quanto circostanze fondanti la fattispecie astratta. Esse devono, quindi, formare il costrutto della motivazione, perché in mancanza la violazione contestata perde il suo fondamento.
Nel caso di specie il pubblico ufficiale ha omesso di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento con la conseguenza che non risulta provato oltre ogni ragionevole dubbio la fattispecie integrativa dell’illecito contestato.
Ciò detto, per le ragioni sopra esposte non può non applicarsi al caso di specie la previsione delcomma 11 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 150/2011 che dispone che “il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”.
Un tanto detto il ricorso viene accolto ed il provvedimento opposto annullato.
Ragioni di giustizia sostanziale dispongono per la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Bressanone,
visto l’art. 7, 10° comma del D.lgs. 150/2011,
accoglie
il ricorso;
annulla
i provvedimenti opposti;
dispone
la compensazione delle spese di lite tra le parti.
Così deciso in Bressanone il 09.03.2022.
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