21.5.2022 – Corte di Cassazione Civile – Sezione VI – Ordinanza n. 15771 del 17.5.2022

ONTRATTO SI SOMMINISTRAZIONE – SPETTA AL SOMMINISTRANTE FORNIRE LA PROVA DEL PERFETTO FUNZIONAMENTO DEL CONTATORE

Cass. civ., sez. VI, ord., 17 maggio 2022, n. 15771

Ritenuto in fatto

– che R.N. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1/18/20, del 16 ottobre 2020, della Corte di Appello di Catania, che – accogliendo il gravame esperito dalla società (omissis) S.p.a. contro la sentenza n. 1973/18, del 20 novembre 2018, del Tribunale di Siracusa – ha rigettato la domanda di accertamento negativo dallo stesso proposta contro le società (omissis) S.p.a. (poi divenuta (omissis)) e (omissis) S.p.a. (in seguito, (omissis) S.p.a.), accogliendo, invece, la domanda riconvenzionale di quest’ultima, condannando il R. al pagamento dell’importo di Euro 66.557,58;

– che, in punto di fatto, l’odierno ricorrente riferisce di aver adito il Tribunale siracusano, convenendo in giudizio le società (omissis) S.p.a. ed (omissis) S.p.a., affinché fosse accertata l’insussistenza del debito di Euro 66.159,58 (di cui alla fattura 14 maggio 2016, n. 89055147030202.A), per consumi elettrici, ricostruiti per prelievi irregolari dal 17 giugno 2002 al 19 ottobre 2015;

– che all’esito del giudizio di primo grado, nel quale proponeva domanda riconvenzionale di pagamento Enel Distribuzione S.p.a., l’adito giudicante accoglieva la domanda di accertamento negativo (rigettando, invece, la riconvenzionale), sul rilievo della carenza di prova della data di inizio del prelievo fraudolento, non avendo il creditore provato che, dal 17 giugno 2012, il contatore fosse divenuto irraggiungibile dal telegestore, e ciò a fronte della cessazione della utenza fin dal 12 febbraio 2011;

– che esperito gravame da (omissis) S.p.a (nuova denominazione di (omissis)), il giudice di appello lo accoglieva, sul presupposto che era stato, comunque, “accertato il prelievo fraudolento di energia elettrica dal contatore intestato al R. poiché, sebbene distaccato per morosità dal mese di novembre 2011, dalla verifica condotta dai tecnici dell’appellante il 29 ottobre 2015, e non contestata, era emerso che “il misuratore a servizio POD era bruciato”, sicché esso “non consentiva la registrazione dei consumi”, ma, “nonostante l’utenza fosse cessata”, si “rilevava il consumo di 10 per fase”, o meglio, “un assorbimento di energia di circa 6KW di potenza trifase”;

– che avverso la sentenza della Corte etnea ricorre per cassazione il R., sulla base – come detto – di due motivi;

– che il primo motive denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., sul rilievo che (omissis) Distribuzione non avrebbe “fornito nessun dato numerico sull’asserito prelievo fraudolento, nè tantomeno un riscontro strumentale sul prelievo medesimo”, giacché, anzi, “da quel poco riportato nella fattura, è in dubbio se vi fosse addirittura un prelievo di energia elettrica non transitante dal misuratore o alterato con conseguente errore di misura nella quantificazione dei consumi”;

– che il secondo motivo denuncia “violazione degli obblighi imposti dalla Delib. n. 200 del 1999, dell’APIEG”, in relazione alle modalità con cui compiere i controlli sugli impianti di rilevazione;

– che hanno resistito all’impugnazione, con distinti controricorsi, le società (omissis) e (omissis) Nazionale, chiedendone la declaratoria di inammissibilità e, comunque, il rigetto;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio per il 16 febbraio 2022.

Considerato in diritto

– che il ricorso va rigettato;

– che il primo motivo non è fondato;

– che, in tema di contratti di somministrazione, se è vero che “la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante” (da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 24 giugno 2021, n. 18195, Rv. 661676-01, Cass. Sez. 3, ord. 19 luglio 2018, n. 19154, Rv. 649731-02), il principio opposto è stato affermato con riferimento a pretese di pagamento che traggono fondamento, invece, dall’accertamento di prelievi abusivi;

– che, difatti, come rammentano le odierne controricorrenti, questa Corte ha affermato che, quando “l’apparecchio-contatore risulta manomesso”, l’utente che intenda far accertare che “la alterazione dell’apparecchio è avvenuta ad opera di terzi”, e a sua insaputa, così contestando, pertanto, “l’anomalia dei consumi registrati ritenuta eccessiva”, è tenuto – sempre, beninteso, “in difetto di prova evidente della alterazione dello strumento” (prova qui, invece, ritenuta sussistente) – “a dimostrare la sproporzione manifesta del consumo rilevato rispetto a quello effettivamente sostenuto”, dovendo altresì “provare l’attività illecita del terzo” (Cass. Sez. 3, ord. 21 maggio 2019, n. 13605, non massimata);

– che, pertanto, nessuna violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alla “inesistenza del credito vantato”, ricorre nel caso di specie, visto che tale violazione, “censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni” (così Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; in senso conforme anche Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-01);

– che il secondo motivo è inammissibile;

– che, difatti, gli obblighi dei quali è lamentata la violazione – quelli previsti dalla Delib. n. 200 del 1999, dell’AEEG – ineriscono alle verifiche che il somministrante è tenuto a compiere in costanza di rapporto, mentre nella specie, cessato lo stesso dal 12 febbraio 2011, veniva successivamente rilevata una manomissione del contatore;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 298, art. 1, comma 17, della sussitenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando R.N. a rifondere, alle società (omissis) S.p.a. e (omissis) Nazionale, le spese del presente giudizio, che liquida per ognuno in Euro. 5.600,00, oltre 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali più accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

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