CONDANNATA L’AMANTE CHE HA INVIATO LE FOTO INTIME DEL MARITO ALLA MOGLIE TRADITA
Cass. pen., sez. VI – 3, ud. 21 gennaio 2022 (dep. 1° aprile 2022), n. 12013
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Bari dichiarava D.L.M.E. colpevole della contravvenzione di cui all’art. 660 c.p., – per avere l’imputata ripetutamente molestato, con il telefono e a mezzo del servizio di messaggistica istantanea WhatsApp(r), D.C.C. , inviandole immagini riproducenti momenti di condivisione intima intrattenuti con il marito di quest’ultima, legato all’imputata da relazione extraconiugale – e la condannava alla pena di quattrocento Euro di ammenda.
2. D.L.M.E. ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia, sulla base di unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’omessa pronuncia in ordine all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., espressamente invocata dinanzi al giudice di merito.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è manifestamente infondato, e quindi inammissibile, perché, per, dominante giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. 7, n. 13379 del 12/01/2017, Boetti, Rv. 269406-01; Sez. 3, n. 48315 del 11/10/2016, Quaranta, Rv. 268498-01; Sez. 3, n. 30134 del 05/04/2017, Dentice, Rv. 270255-01; Sez. 3, n. 48318 del 11/10/2016, Halilovic, Rv. 268566-01; v. anche Sez. 5, n. 14845 del 28/02/2017, A., Rv. 270021-01), con cui parte impugnante omette totalmente di confrontarsi, la Causa di non punibilità, integrata dalla particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., non può essere applicata, secondo previsione testuale, ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica.
La causa di non punibilità non può dunque trovare applicazione neppure in relazione al reato di cui all’art. 660 c.p., che in concreto (cfr. Sez. 1, n. 19631 del 12/06/2018, dep. 2019, Rv. 276309-01) abbia assunto, per il susseguirsi delle condotte moleste, l’anzidetto carattere di abitualità, come è incontestato essere avvenuto nella specie; e ciò senza necessità di esplicita motivazione sul punto da parte del giudice di merito(Sez. 1, n. 1523 del 05/11/2018, dep. 2019, Morreale, Rv. 274794-01).
2. Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte Cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in tremila Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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