LA FOTO CON IL NUOVO PARTNER E LA STIPULAZIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE CON LO STESSO SONO ELEMENTI SUFFICIENTI ALLA REVOCA DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Cassazione civile sez. VI – 04/04/2022, n. 10786
RILEVATO
– che con decreto n. 6014/2019, depositato il 18.11.2019, la Corte d’Appello di Napoli, nel procedimento di modifica delle condizioni di divorzio promosso da S.A. nei confronti della ex moglie V.G., finalizzata ad ottenere la revoca dell’assegno divorzile (sullo stesso gravante) in considerazione della convivenza more uxorio instaurata da quest’ultima con altro uomo, ha accolto il reclamo proposto dal S. avverso il decreto del Tribunale di Napoli che aveva respinto tale istanza, disponendo che più nulla è dovuto dal reclamante per il mantenimento della sig.ra V.;
– che avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione V.G. affidandolo a due motivi, mentre S.A. si è costituito in giudizio con controricorso;
che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.
CONSIDERATO
1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. sul rilievo che la Corte d’Appello ha posto a fondamento della propria decisione un documento espressamente disconosciuto e contestato dalla ricorrente (fotografie che asseritamente la ritraevano con il nuovo convivente), attribuendo la qualità di prova legale a tale asserito omesso disconoscimento;
– che, inoltre, la decisione aveva stravolto le regole dell’onus probandi ritenendo erroneamente che dalle fotografie e dal contratto di locazione cointestato alla ricorrente e al sig. P. scaturisse la prova di una stabile convivenza;
2. che il motivo è inammissibile, in primo luogo, per difetto di autosufficienza;
che, infatti, proprio in virtù del predetto principio, questa Corte (vedi Cass. n. 20637/2016) ha già enunciato il principio di diritto secondo cui, il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, atteso che l’onere di specifica contestazione, ad opera della parte costituita, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova;
– che tale principio vale tanto nel caso in cui il ricorrente lamenti l’erronea qualificazione da parte del giudice del merito di un fatto come non contestato, sia perché effettivamente e specificamente contestato da parte sua, sia perché non allegato in modo specifico dalla controparte, quanto nel caso, che ricorre nella presente fattispecie, in cui il ricorrente lamenti la mancata qualificazione del fatto come non contestato da parte del Giudice del merito, benché fosse stato specificamente allegato e la controparte non lo avesse specificamente contestato (Cass. n. 6303/2019; n. 12840/2017; n. 20637/2016; n. 9843/2014; n. 324/2007);
– che, nel caso di specie, la ricorrente non ha riportato o trascritto, anche solo per estratto, il contenuto degli atti processuali (non indicando nemmeno le pagine) da cui emergerebbe il vizio in cui sarebbe incorso il giudice di merito, venendo quindi meno al proprio onere di allegazione:
– che, ogni caso, la Corte d’Appello non ha affatto ritenuto la sussistenza di una fattispecie di prova legale, ritenendo provata la convivenza more uxorio instaurata dalla sig.ra V. sulla base del prudente apprezzamento di alcuni elementi di prova emergenti nel caso concreto (vedi anche contratto di locazione cointestato tra la ricorrente ed il sig. P.);
– che tale valutazione di fatto, in quanto di spettanza del giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, secondo i parametri della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 8053/2014;
3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6;
che, in particolare, la ricorrente censura che la Corte d’Appello avrebbe dedotto l’esistenza di un progetto di vita comune tra la stessa ed il sig. P., avente caratteristiche assimilabili a quelle di un matrimonio, da elementi poco significativi come una fotografia e ed un contratto di locazione cointestato;
4. che il motivo è inammissibile;
che, infatti, posto che la ricorrente non ha impugnato la ratio decidendi del decreto impugnato – secondo cui il coniuge perde il diritto all’assegno divorzile in conseguenza dell’istaurazione di una stabile convivenza con altro uomo, con l’elaborazione di un progetto di vita in comune assimilabile a quello del matrimonio – le censure della sig.ra V. si appalesano come di merito, come tali non ammissibili in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione (nei termini sopra illustrati), che, non è stato, tuttavia, dedotto dalla ricorrente neppure in questo secondo motivo;
5. che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
condanna la ricorrente al pagamento delle spese delle spese di lite che liquida in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 % ed accessori di legge
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2022
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