La società che eroga il servizio, per richiedere il pagamento delle fatture emesse deve dimostrare la titolarità del diritto di credito, l’esistenza del rapporto contrattuale e l’effettività dei consumi alla base del credito azionato.
L’onere probatorio nel procedimento monitorio
Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso sulla base di fatture non pagate, il debitore (o presunto tale) può opporsi al provvedimento del giudice contestando l’esistenza del credito azionato da controparte.
La costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che le fatture emesse dal creditore non integrano, nel giudizio di opposizione, la piena prova del credito in esse indicato e non comportano neppure l’inversione dell’onere della prova in caso di contestazione sull’an e sul quantum del credito vantato in giudizio.
Sul punto la giurisprudenza è granitica nel ritenere che la funzione probatoria della fattura commerciale sia limitata alla fase monitoria del giudizio, mentre in caso di opposizione debbano tornare a rivivere le ordinarie regole in materia di onere probatorio e, dunque, tale documento “può rappresentare al più un mero indizio della stipulazione del contratto e dell’esecuzione della prestazione indicata”.
Le fatture sono documenti prodotti unilateralmente dal creditore procedente. Pertanto rileva il principio secondo cui, un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza.
Le fatture, secondo la loro natura di documenti contabili, sono sufficienti a determinare l’emissione del decreto ingiuntivo, mentre in sede di opposizione, se non corredate da ulteriori documenti o elementi probatori, non comportano la prova della pretesa creditoria azionata.
In sede di opposizione a decreto ingiuntivo, per l’opponente è sufficiente avanzare contestazioni anche generiche sulla effettività della prestazione dedotta dalla controparte, affinché sorga nel creditore l’onere della prova.
Il creditore ricorrente dovrà pertanto fornire la prova rigorosa degli elementi di fatto che stanno alla base del diritto fatto valere. Ritiene infatti la giurisprudenza di merito che “il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio ordinario a cognizione piena, che si svolge secondo le norme e le forme del procedimento ordinario (prima fra tutte la norma generale in tema di onere della prova); pertanto, per quanto concerne in particolare il riparto dell’onere probatorio tra le parti, incombe sull’opposto (attore in senso sostanziale) – convenuto (in senso formale) deve dare la prova del credito azionato in via monitoria, mentre spetterà all’opponente (debitore in senso sostanziale) allegare e provare eventi estintivi o modificativi dell’altrui pretesa.” (Trib. Frosinone, sez. I, n. 20 del 11.1.2022)
Quanto all’esistenza del rapporto contrattuale
In materia di prestazioni contrattuali a carattere corrispettivo, il creditore che agisce in giudizio al fine di ottenere l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno derivante dal mancato adempimento del contratto, deve dimostrare la fonte (negoziale o legale) del proprio diritto e la sua esigibilità, gravando invece sul debitore l’onere di provare il proprio corretto adempimento ovvero la sopravvenienza di fatti estintivi o impeditivi che ha causato l’inadempimento.
Il creditore procedente, la società somministratrice nel caso di bollette relative alla fornitura di energia elettrica, acqua o gas, deve innanzitutto provare il rapporto contrattuale (fonte negoziale) sulla base del quale viene azionato il diritto di credito. Infatti, qualora ci sia contestazione circa l’esistenza del contratto, la prova relativa la legittimità della somma richiesta incombe sul fornitore della somministrazione.
Quanto alla prova dell’effettivo consumo
Il principio di diritto che deve essere posto a fondamento dell’opposizione al decreto ingiuntivo si identifica nell’articolo 2697 c.c. secondo il quale “Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.
Con riferimento più specifico ai contratti di somministrazione relativi a utenza domestica permane in capo al somministrante fornire la prova, in primo luogo, dell’effettiva erogazione del servizio dedotto in contratto e, secondariamente, del perfetto funzionamento del contatore.
Conseguentemente alla prova di tali ultimi aspetti opererebbe una presunzione di veridicità, confutabile soltanto da una specifica prova contraria da parte del soggetto utente.
La Corte di Cassazione, sul punto, ha in più occasioni affermato il principio secondo il quale, nell’ipotesi in cui l’utente lamenti l’addebito di un consumo anomalo ed eccedente le sue ordinarie esigenze, ovvero un’incongruenza dei consumi, una volta fornita la prova del regolare funzionamento degli impianti, è onere dell’utente provare di aver adottato ogni possibile cautela, ovvero di avere diligentemente vigilato affinché intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del contatore, e quindi l’attendibilità delle letture dei consumi rilevati (Cass. Civ. 13193/2011 e Cass. Civ. 19154/2018).
La Corte sottolinea come l’onere dell’utente sorga solo ed esclusivamente a seguito dell’adempimento della società somministrante di provare la regolare funzionalità degli impianti e più precisamente del contatore. Non deve ritenersi, quindi, meramente sufficiente la produzione di un atto prodotto unilateralmente da parte ricorrente nel procedimento monitorio, quale è, di fatto, la fattura contestata.
Sempre in riferimento al principio sancito dall’art. 2697 c.c., è possibile rilevare, in considerazione delle specifiche del caso di specie, l’onere della società somministratrice di provare l’effettività dei consumi dell’utente.
Deve ritenersi opponibile il decreto ingiuntivo che fonda il diritto di credito oggetto su consumi “stimati” e non effettivi.
La più recente giurisprudenza di merito sancisce inoltre che “in tema di ingiunzione civile avente ad oggetto somme per la fornitura di gas, è onere della società opposta procedere all’esatta indicazione dei consumi e non già alla mera stima degli stessi, di tal ché, sotto tale profilo, l’opposizione che contesti detto dato si palesa fondata con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto” (Trib. Roma n. 8971 del 8.5.2017).
In conclusione
In una causa relativa una fornitura di gas, energia o servizio idrico, il fornitore deve dare la prova del suo credito.
Se a seguito dell’opposizione al provvedimento monitorio, la società somministrante opposta non prova l’effettività dei consumi indicati in bolletta il decreto ingiuntivo deve essere revocato.
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