23.3.2022 – Tribunale di Milano – Sezione X – Sentenza n. 8865 del 2.11.2021

IL TITOLARE GESTORE DELLA PALESTRA NON E’ RESPONSABILE PER IL FURTO DEL BENE (OROLOGIO) CUSTODITO NELL’ARMADIETTO


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Trib. Milano, sez. X, sent., 2 novembre 2021, n. 8865

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato (…) ha convenuto in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, (…) G s.r.l., titolare della palestra (…), al fine di accertare la responsabilità contrattuale o extracontrattuale della parte convenuta ed ottenere la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patrimoniali da lui patiti nella misura di Euro 60.000,00, pari al valore dell’orologio (…) mod. (…) mod. (…) ref. 5980/1-001 (con quadrante blu e bracciale in acciaio), sottratto dall’armadietto dello spogliatoio in cui lo aveva riposto il 13.12.2017 poco prima di svolgere, all’interno del centro, attività sportiva. Allega parte attrice che:

– dopo l’allenamento, rientrato nello spogliatoio con il suo amico (…) “riscontrava che il suo armadietto, chiuso dallo stesso con codice segreto, era aperto e che qualcuno aveva rubato il suo zaino”;

– gli addetti alla reception allertati dall’attore verificavano gli accessi alla palestra e riscontravano che “nelle ultime due ore un soggetto non iscritto alla palestra effettuava l’accesso, identificandosi con una patente di guida intestata ad un soggetto di nome (…) e dalla era lapalissiana la discordanza tra colui che esibiva il documento ed il soggetto della foto”;

– che la convenuta dovrà rispondere dei danni derivanti dalla illecita sottrazione dell’orologio riposto all’interno dell’armadietto e debitamente chiuso, atteso che le obbligazioni contrattuali da quest’ultima assunte comprendono anche il godimento “di tutte le attrezzature che si trovano nella palestra stessa compresi gli armadietti”, si che assume anche l’obbligo di custodire i beni degli avventori e per l’effetto di restituirli al termine dell’attività sportiva;

– che viene in applicazione la disciplina del contratto di albergo, con la differenza che nel caso di gestore di un impianto sportivo “tale responsabilità per le cose consegnate in custodia è limitata solo a quelle di cui è opportuno liberarsene per il miglior godimento della prestazione” (Cass. 10393/1991);

– che “le cassette messe a disposizione per la custodia dei beni personali potevano essere facilmente aperte da chiunque e con un qualsiasi arnese” (cfr. atto di citazione a p. 5);

– che sono nulli tutti i patti di esclusione o limitazione della responsabilità del gestore;

– che sussistono tutti i presupposti di cui all’art. 2043 c.c., atteso che “i gestori della palestra non effettuavano tutti i controlli del caso e permettevano l’ingresso ad un soggetto non iscritto in palestra presentatosi, altresì, con un documento non riconducibile a quest’ultimo’ (cfr. per questa e per tutte le precedenti atto di citazione).

Con deposito di comparsa di costituzione e risposta si è costituita in giudizio (…) s.r.l., contestando la fondatezza delle pretese avversarie sia nell’an che nel quantum. In particolare, la parte convenuta ha contestato la propria responsabilità in virtù della clausola di esonero della responsabilità pattuita tra le parti (cfr. doc. n. 1 attore e convenuta e, in particolare, la clausola 11.2), ha eccepito la nullità della citazione per mancato rispetto dei termini a comparire, nonché la mancanza di prova del fatto storico da parte dell’attore, nonché del quantum della pretesa attorea; la parte convenuta ha richiamato il disposto dell’art. 1783 c.c., secondo cui “la responsabilità di cui al presente articolo è limitata al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per la giornata”, rilevando pertanto come “il valore del risarcimento, non potrà superare la … soglia di Euro 7.000,00”. Peraltro, ha eccepito come non sussista alcuna forma di responsabilità in capo all’albergatore tutte le volte che il deterioramento, la distruzione o la sottrazione siano dovuti al cliente (cfr. articolo 1785 c.c.), rilevando sul punto come in specie:

1) “(…) abbia adottato una condotta, avventata e superficiale, consistente non solo nell’aver portato con sé in palestra un bene di rilevante entità, orologio (…), ma nell’essersi inspiegabilmente rifiutato di utilizzare le cassette di sicurezza installate proprio con la precipua finalità di custodire i bene degli utenti”;

2) “quest’ultimo pur avendo notato negli spogliatoi un personaggio dall’aspetto sospetto, si è fatto vedere da quest’ultimo mentre si toglieva il (…) dal polso mettendolo nello zaino con logo (…) e mentre riponeva il tutto dentro l’armadietto. Non solo, per sua stessa ammissione, il Signor (…) si è spinto sino a farsi vedere mentre inseriva il codice segreto dell’armadietto: “Lo stesso potrebbe anche essersi memorizzato il codice per poi aprire agevolmente l’armadietto asportando lo zaino””;

3) l’art. 1784 c.c. prevede che l’albergatore possa addirittura rifiutarsi di ricevere in custodia quegli oggetti che “abbiano un valore eccessivo”;

4) “gli addetti al club hanno adottato nella fattispecie in esame tutte le premure necessarie, facendo compilare il guest pass con tutte le sue generalità del soggetto richiedente, registrando la mail (di

cui ne viene verificata l’esistenza) e richiedendo e facendo copia del relativo documento d’identità’ (cfr. per tutte comparsa di risposta).

Il Giudice istruttore ha concesso i termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. ed il procedimento è stato istruito documentalmente, nonché tramite ctu estimativa del valore dell’orologio e l’escussione di tre testi.

All’esito il giudice ha ritenuto la causa matura per la decisione, rinviando il procedimento per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 19.5.2021; l’udienza del 19.5.2021 è stata tenuta nelle forme della cd. trattazione scritta, in ragione della normativa in vigore in ragione dell’emergenza pandemica da Covid-19 e con verbale depositato in pari data la scrivente Giudice ha dato atto della precisazione delle conclusioni tramite il deposito in telematico di note scritte, da parte delle parti, così come sopra riportate, e, all’esito dell’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e le memorie di replica, ha trattenuto la causa in decisione.

La domanda attorea è infondata e deve essere respinta per le ragioni di seguito indicate. Preliminarmente, stante la costituzione in giudizio di (…) G s.r.l., nonché la mancata richiesta all’udienza ex art. 183 c.p.c. del 20.11.2018 di un differimento dell’udienza per consentire il rispetto dei termini ex art. 163 bis c.p.c., non avendo in ogni caso parte convenuta dedotto sotto che profilo si sia concretizzata la compromissione del suo diritto di difesa, stante il mancato rispetto del termine a comparire, va respinta l’eccezione di nullità della citazione da lei formulata.

Parte attrice ha fatto valere, in principalità, una responsabilità contrattuale della società convenuta, richiamando espressamente gli artt. 1783 ss. c.c.; detto richiamo si reputa corretto ai sensi dell’art. 1786 c.c. in virtù dell’orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo cui “i principi sulla responsabilità dell’albergatore ex art. 1783 e ss. c.c. sono applicabili anche ad altre strutture, tra cui le palestre, poiché anche in tali fattispecie l’utente, per fruire appieno dei servizi, abbandona provvisoriamente la custodia di alcuni oggetti personali’ (Trib. Venezia 16.10.1996). L’art. 1786 c.c., infatti, nell’estendere la normativa relativa al contratto di deposito in albergo agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili, integra una disposizione “chiaramente esemplificativa e deve intendersi ampliata fino a considerarvi compresa, in genere, ogni attività imprenditoriale di tal natura da implicare, avuto riguardo all’uso, la necessita di liberare il cliente dalla cura di custodire direttamente le cose che porta con se, alfine di agevolare il godimento del servizio” (Cass. Civ. sez. 3 n. 1740/78). Potendo, dunque, compararsi la struttura sportiva all’albergo ed alle altre strutture recettive di cui all’art. 1786 c.c., nella fattispecie devono trovare applicazione le norme che regolano il deposito in struttura alberghiera. In proposito giova osservare che il contratto concluso col titolare di un impianto sportivo è di natura complessa, implicando in capo al predetto gestore, l’obbligo principale, di far utilizzare agli avventori le attrezzature sportive, le docce e gli spogliatoi nonché quello accessorio di far loro utilizzare gli armadietti atti a riporre gli abiti ed i cassetti ove custodire gli oggetti personali, fino al termine dell’esercizio dell’attività sportiva. Specularmente il cliente si obbliga al pagamento dei servizi principale e accessori resigli, sia con un abbonamento, sia con un singolo ingresso giornaliero. Tra le norme che regolano il deposito in albergo, applicabili alla fattispecie ai sensi dell’art. 1786 c.c., figurano l’art. 1783 c.c., che disciplina la responsabilità per le cose portate in albergo, e l’art. 1784 c.c. quella per le cose consegnate. Al pari dell’albergatore, il gestore della palestra risponde ex art. 1783 c.c., per ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate nell’impianto o presso la struttura da parte dei clienti e custoditi negli armadietti nei limiti di dieci volte il valore del prezzo giornaliero di ingresso, mentre risponde illimitatamente ai sensi dell’art. 1784 c.c. in caso di affidamento di beni in custodia.

La responsabilità dell’albergatore per le cose dei clienti sorge, infatti, per il solo fatto della introduzione, da parte del cliente, delle cose nell’albergo, indipendentemente da qualsiasi consegna, poiché essa inerisce direttamente al contenuto del contratto alberghiero, dovendo essere riferita all’obbligo accessorio dell’albergatore di garantire alla clientela, contro eventuali perdite, danni e furti, la sicurezza delle cose portate in albergo (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5030 del 2014). Va, tuttavia, precisato che malgrado l’estensione operata dall’art. 1786 c.c. ad altre categorie di imprenditori della disciplina della responsabilità “ex recepto” dell’albergatore, per quest’ultimo l’obbligo di sorveglianza per la tutela delle cose portate in albergo dal cliente e non consegnate in custodia, è più esteso (anche in senso spaziale) di quello, analogo, incombente al gestore di un impianto sportivo, attese le differenze strutturali delle due imprese e quelle di natura qualitativa, quantitativa e temporale dei servizi rispettivamente offerti. Ne consegue che, “mentre per l’albergatore sussiste la responsabilità per tutte le cose portate dal cliente all’interno della struttura, per il gestore di un impianto sportivo tale responsabilità, per le cose non consegnategli in custodia, è limitata solo a quelle di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della prestazione” (Cass. sez. III 04.10.1991 n. 10393).

Pertanto, il gestore della palestra risponde:

– ex art. 1783 c.c. nei limiti di dieci volte il prezzo di ingresso giornaliero non di tutte le cose portate in palestra, ma solo di quelle di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della prestazione;

– ex art. 1784 illimitatamente delle cose da lui prese in custodia, salva la facoltà di rifiutarsi di prenderle in custodia, soltanto ove si tratti di cose pericolose o di valore eccessivo o d natura ingombrante;

– ex art. 1785 bis c.c. illimitatamente ove la distruzione o la sottrazione dipendano da colpa sua o dei suoi familiari o addetti.

Ai sensi dell’art. 1785 c.c. l’albergatore (e anche il gestore) non risponde “quando la sottrazione o il deterioramento sono dovuti al cliente (…) a forza maggiore, alla natura della cosa”. Pertanto, in assenza della consegna in custodia di un bene di valore, il gestore potrà rispondere solo ex art. 1783 c.c. delle cose introdotte e di cui l’avventore debba liberarsi per lo svolgimento dell’attività sportiva, salva la colpa del gestore o dei suoi addetti ex art. 1785 bis c.c..

Ebbene, applicando i suddetti principi al caso in esame, non vi è dubbio che l’orologio da polso rientri tra i beni di cui (…) era costretto a disfarsi per poter usufruire delle strutture della palestra. In proposito è stato evidenziato dalla giurisprudenza di merito che è obbligo del gestore di una palestra, ovvero di strutture analoghe, offrire al cliente un servizio di custodia degli effetti personali che il cliente quotidianamente porta con sé, poiché si tratta di servizio accessorio necessario per la corretta esecuzione della prestazione principale, cioè il godimento degli attrezzi nel caso della palestra e delle piscine e degli altri impianti nel caso del centro benessere. Nel caso di specie erano pacificamente presenti come documentato dallo stesso attore (cfr. doc. n. 3 sia rispetto alle fotografie sia rispetto ai video), sia armadietti con chiusura a codice presso l’area non sorvegliata degli spogliatoi, sia cassette di sicurezza adiacenti alla reception e facilmente controllabili dagli addetti di quest’ultima per la loro posizione. Se è vero, perché non contestato ex art. 115 c.p.c., da parte attrice quanto affermato dalla convenuta sin dalla comparsa di risposta vale a dire che gli avventori fossero a conoscenza della presenza di cassette di sicurezza per il deposito di beni di valore e che siano stati invitati dal personale ad utilizzarle (cfr. “con il preciso obiettivo di consentire ai vari soci del club di depositare in modo sicuro i propri oggetti personali, (…) SpA ha ivi istallato apposite cassette di sicurezza richiudibili con codice personale, come si può evincere dal video ex adverso prodotto sub doc. 3. 7) Tali cassette di sicurezza sono state appositamente

ubicate di fianco alla reception del club, la quale non è mai lasciata incustodita e, proprio in considerazione di ciò, i soci del club sono espressamente invitati ad utilizzarle”), è altrettanto vero che non risulta che l’attore abbia assunto uno specifico obbligo sul punto, stante la completa assenza di ogni riferimento alla cassetta di sicurezza nel contratto sottoscritto inter partes; del pari l’utilizzo di dette cassette non può ritenersi obbligatorio per le parti in assenza di specifiche previsioni normative. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, “in tema di responsabilità per le cose portate in albergo, il cliente non ha l’obbligo di affidare in custodia all’albergatore gli oggetti di valore di sua proprietà, mancando una specifica previsione normativa in tal senso; se, tuttavia, il cliente non si avvalga di tale facoltà e le cose vengano sottratte, egli può ottenere il ristoro non del danno integrale ma solamente entro il limite massimo stabilito dall’art. 1783 comma 3 c.c., salvo che non provi la colpa dell’albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o di collaborazione, ai sensi dell’art. 1785 bis c.c.” (Cass. 5030/2014 e in senso conforme Cass. Sez. 3; n. 28812 del 2008). Ne consegue che non è corretto qualificare quale comportamento omissivo la scelta dell’attore di non avvalersi delle casseforti predisposte dalla struttura, poiché egli non poteva dirsi tenuto dalla legge o dagli usi a denunciare al personale del centro il possesso dell’orologio da polso per cui è causa. Al contempo occorre, tuttavia, tenere presente che la decisione del cliente di riporre oggetti di valore e denaro contante all’interno dell’armadietto comporta, come appena accennato, una limitazione dell’obbligo risarcitorio posto a carico della struttura. Infatti, mentre quest’ultima deve dirsi responsabile per l’intero valore sottratto o distrutto nel caso in cui i beni siano stati oggetto di specifica consegna in custodia al personale ai sensi dell’art. 1784 c.c., laddove il cliente abbia preferito usufruire dei soli armadietti si applicherà, a meno di dimostrare la colpa del gestore, il limite previsto dall’art. 1783 comma 3 c.c. ed il risarcimento sarà eventualmente dovuto per un valore pari, al massimo, a cento volte il prezzo del biglietto d’ingresso.

Nel caso di specie per allegazione dello stesso attore l’orologio da polso è stato da lui riposto nell’armadietto sito nello spogliatoio e non risulta che l’attore fosse il giorno della sottrazione interessato a riporlo nelle apposite cassette di sicurezza, né che si sia rivolto al personale della palestra per l’utilizzo delle cassette indicate. Al contrario la deduzione attorea che le cassette di sicurezza fossero in data 13.12.2017 fuori servizio non è stata confermata da nessuno dei testi escussi e, al contrario, è stata smentita dal teste (…) (cfr. verbale dell’udienza del 13.2.2020). Pertanto, avuto riguardo alla natura dell’oggetto depositato da (…) ed al fatto che lo stesso fosse stato riposto all’interno di un armadietto, chiuso con codice di sicurezza, si deve escludere che la fattispecie sia riconducibile alla responsabilità di cui all’art. 1784 c.c. per cose prese in custodia. Infatti, negli spogliatoi gli addetti della convenuta non avrebbero potuto svolgere appieno la propria vigilanza, pena la violazione della privacy dei clienti. Ne consegue che, avendo l’attore deciso di riporre i propri oggetti personali nell’armadietto posto nello spogliatoio maschile, deve trovare applicazione, in difetto di un obbligo normativo e contrattuale di deposito nelle apposite cassette, l’art. 1783 c.c. Parte attrice ha peraltro lamentato la colpa della convenuta, imputando il furto alla condotta di una persona che ha fruito quel giorno dei servizi della palestra; in particolare, ha dedotto che la colpa sarebbe integrata dall’aver consentito l’ingresso a persona che non aveva stipulato un abbonamento e senza effettuare gli opportuni controlli in termini di raffronto tra la foto del documento di identità e il viso della persona. Dette circostanze non si reputano idonee ad integrare una colpa della convenuta. Come eccepito dalla parte convenuta, è consentito l’ingresso in palestra anche per singoli giorni, tramite la richiesta di un pass giornaliero anche da parte di avventori “esterni” (cfr. doc. 1 di parte convenuta), circostanza che doveva essere perfettamente nota all’attore, essendo riportate tutte le modalità di iscrizione alla palestra tramite le varie opzioni di abbonamento anche nel contratto da lui prodotto unitamente all’atto di citazione (cfr. doc. n. 1). Inoltre, risulta che il controllo richiesto all’addetto alla reception della palestra sia stato svolto, essendo stato dedotto dallo stesso attore che è stato possibile nell’arco di poche ore reperire la copia del documento di riconoscimento di persona che ha effettuato un singolo accesso lo stesso 13.12.2017. Come condivisibilmente affermato dalla parte convenuta è evidente che i controlli

richiesti al personale della palestra non possono ricomprendere ulteriori e più approfondite verifiche, né in specie è stato provato dalla parte attrice (come suo onere ex art. 2697 c.c.) che l’avventore entrato con il nome di M. L. fosse palesemente un’altra persona rispetto a quella raffigurata nel documento di identità esibito alla reception, né che sia stato proprio detto soggetto a sottrarre il bene. Pertanto, in ogni caso, anche ove gli addetti avessero svolto un controllo approssimativo e pertanto negligente, non può ritenersi provato che detta eventuale omissione colposa del gestore della palestra possa ritenersi in nesso di causa con la sottrazione subita dall’attore. In specie deve essere altresì valorizzato quanto segue.

È provato in causa:

– che l’attore si sia tolto un orologio di valore prossimo a Euro 50.000,00 e lo abbia inserito nello zaino, che poi ha riposto nell’armadietto, che ha chiuso con il codice segreto (cfr. deposizione del teste (…) all’udienza del 13.2.2020);

– che insieme a lui nello spogliatoio fossero presenti il suo amico (…) e un’altra persona da loro non conosciuta.

Il teste (…), escusso all’udienza del 13.2.2020, ha peraltro dichiarato: “molto probabilmente ho visto anche il ladro, che era un ragazzo sui 25-30 anni, era in un angolino dello spogliatoio a 90 gradi rispetto a noi che ci guardava. Io, almeno io, ho avuto una strana sensazione perché questo tipo non l’avevo mai visto e io conosco quasi tutti là perché sono uno dei primi iscritti, sono tre anni che frequento la palestra, sono iscritto da qualche mese dopo che la palestra ha aperto. Questa persona ci guardava e ha fatto qualche sorriso, era strano perché ci ha fatto anche qualche sorriso, era come se ci volesse conoscere. Sentivo la sua presenza. Dopo di che siamo usciti e siamo andati in palestra ad allenarci e siamo rientrati, non so se siamo rientrati assieme, ma a quel punto è uscito L. dicendo che gli hanno rubato la borsa e c ‘era l’orologio dentro” (cfr. verbale di udienza del 13.2.2020). Peraltro lo stesso attore ha sin dall’atto introduttivo affermato letteralmente che, “come da rilievi fotografici allegati (cfr. doc. n. 3)”, “le cassette messe a disposizione per la custodia dei beni personali potevano essere facilmente aperte da chiunque e con qualsiasi arnese”, si che deve ritenersi che lo stesso attore fosse consapevole dell’inadeguatezza dell’armadietto dello spogliatoio a custodire, in palese assenza di un sistema di videosorveglianza in loco, o di controllo da parte del personale, per evidenti ragioni di privacy, beni di ingente valore come quello da lui introdotto nella palestra. Peraltro lo stesso attore ha affermato di non avere rinvenuto segni di scasso e ha poche ore dopo l’accaduto, riferito ai Carabinieri, che hanno raccolto la sua denuncia-querela, dichiarato di avere “sospetti sul giovane di 30/35 anni che era presente con me e Terence all’interno degli spogliatoi” perché quest’ultimo “aveva un atteggiamento molto sospetto, ha guardato tutti i nostri movimenti ed ha anche visto che io mi levavo il (…) dal polso mettendolo nello zaino con logo (…) 7 e che a sua volta lo riponevo dentro l’armadietto, inserendo il mio codice segreto. Lo stesso potrebbe anche essersi memorizzato il codice per poi aprire agevolmente l’armadietto asportando lo zaino” (cfr. doc. n. 2 di parte attrice).

Dette circostanze e in particolare la consapevolezza di avere introdotto un effetto personale avente valore molto ingente, che avrebbe sicuramente reso estremamente opportuna la custodia presso le cassette di sicurezza site in prossimità della reception, ove per la struttura stessa degli ambienti avrebbe potuto essere vigilato dagli addetti della stessa, oltre alla percepita precarietà della chiusura dell’armadietto per riporre i beni portati dall’esterno, unitamente soprattutto all’avvertita presenza di una persona che aveva con ogni probabilità notato un oggetto di tale valore ed il luogo in cui l’orologio era stato riposto e anche forse, a detta dello stesso attore, il codice di apertura-chiusura dell’armadietto, inducono a ritenere integrata una colpa del cliente, tale escludere ex art. 1785 n. 1) c.c. una responsabilità della società convenuta.

Per le medesime ragioni, stante l’assenza della prova di una colpa da parte della convenuta si reputa infondata anche la domanda ex art. 2043 c.c..

Per tali ragioni tutte le domande attoree non possono che essere respinte.

Le spese di lite seguono il principio di soccombenza, si che la parte attrice deve essere condannata a rifondere quelle sostenute dalla convenuta; le spese processuali sono liquidate ex D.M. 55/2014 come in dispositivo, tenuto conto del valore della domanda, dell’attività difensiva concretamente svolta e della estrema semplicità delle questioni trattate (cfr. valori medi per attività di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria, ridotti tutti del 50%).

Non avendo il ctu nominato provveduto a presentare istanza di liquidazione, né a richiedere un fondo spese in sede di conferimento dell’incarico, non vi è luogo a provvedere sulle spese di ctu estimativa del valore dell’orologio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata o assorbita, così provvede:

1. rigetta tutte le domande proposte da (…) nel presente giudizio;

2. condanna (…) a rifondere in favore di (…) S.r.l. le spese di lite, che si liquidano in Euro 7.795,00 per compensi, oltre al 15% del compenso per rimborso forfettario spese generali, oltre ad I.V.A. (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C.P.A.

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