IL FIGLIO E’ AVVIATO ALL’ATTIVITA’ DI AVVOCATO: LEGITTIMO RIDURRE L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO A SUO FAVORE
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Cassazione civile sez. I – 08/02/2022, n. 4035
FATTI DI CAUSA
A seguito della sentenza di dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio tra L.M. ed A.M.P., il Tribunale di Firenze ha disposto il pagamento di un assegno di mantenimento a carico del padre per i figli G. nato nel (OMISSIS) e L. nato nel (OMISSIS) di Euro 1.500,00 ciascuno (a fronte del minore importo di Euro 1.150 ciascuno stabilito in fase presidenziale) ed un assegno divorzile di Euro 1.500,00 al mese per la ex moglie (a fronte del minore importo di Euro 1.200,00 stabilito in fase presidenziale).
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 21/9/2017, riformò la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze e fissò in 1.000,00 Euro mensili l’assegno divorzile a carico del marito ed a favore della moglie, ed in Euro 800,00 mensili l’assegno di mantenimento a carico del padre per ciascun figlio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione A.M.P. affidato a quattro motivi e memoria. L.M. resiste con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5,comma 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la Corte di Appello di Firenze ha stabilito in Euro 1.000,00 l’assegno di divorzio per la ex-moglie senza tener conto delle situazioni economiche delle parti e conseguente sproporzione delle rispettive posizioni economiche nonché del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 6 Legge divorzio e degli artt. 147, 148, 315-bis e 316-bis c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non aver tenuto conto del tenore di vita goduto dai figli in costanza di matrimonio.
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2967 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la Corte di Appello di Firenze ha ritenuto di valore irrisorio la partecipazione sociale alla società L. e V. donata al L. dalla madre e pari al 5% riconoscendole il valore nominale di Euro 6.457,05 anziché il valore patrimoniale reale di Euro 799.000,00.
Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la Corte di Appello di Milano posto le spese di giudizio di merito per metà a suo carico sebbene il giudizio di appello fosse iniziato ad ottobre 2015 ed i nuovi principi in materia siano stati enucleati successivamente.
Ciò posto, occorre innanzitutto analizzare separatamente i motivi del ricorso riguardanti la statuizione all’assegno divorzile da quelli circa il mantenimento dei due figli, G. e L..
Per quanto concerne l’assegno divorzile, la sentenza impugnata merita di essere confermata sulla base delle seguenti ragioni: la Corte d’Appello ha valutato la sperequazione economico-reddituale fra le parti, esaminando i fatti acquisiti, rispetto ai quali la alternativa valutazione della ricorrente integra una censura attinente al merito, inammissibile. La Corte distrettuale ha altresì collegato eziologicamente questo squilibrio con l’esclusivo ruolo endofamiliare non trascurando il profilo assistenziale (la mancanza di lavoro e l’età) correlato alla durata. L’esame è pertanto completo e legittimamente eseguito in modo coerente con i nuovi principi enunciati dalla giurisprudenza.
La pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 18287 del 11/07/2018) ha stabilito che “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.
La Corte d’Appello, nell’attribuzione e determinazione dell’assegno divorzile, ha tenuto conto dei criteri indicati dalle SSUU.
In relazione ai figli, il criterio di proporzionalità invocato nel motivo è stato correttamente parametrato alla attuale condizione economica ed alle esigenze dei figli stessi, i quali, stanno iniziando ad entrare nel mondo del lavoro e, nello stesso tempo, completando il proprio progetto formativo. L’ammontare dell’assegno di mantenimento è frutto del bilanciamento tra i due profili e non può fondarsi in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell’obbligato. Inoltre, la Corte di merito ha esaurientemente motivato sulle circostanze, trattandosi G. di giovane che ha già completato gli studi universitari e si avvia ad una carriera di avvocato mentre L. dispone di un piccolo introito di 500,00 Euro mensili.
Infine, in ordine al quarto motivo con il quale ricorrente censura la condanna alle spese nel giudizio di merito occorre rilevare che la ricorrente era prevalentemente soccombente e pertanto la Corte, valutando ogni altra circostanza, ha provveduto sulle spese con motivazione congrua ed adeguata che merita di essere confermata. Per quanto sopra, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.500,00 più Euro 200,00 per spese oltre iva, cpa e rimborso spese forfettario del 15%.
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 24 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022