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8 Febbraio 2022Anche il Consiglio di Stato, in un clima di incertezza su quella che potrebbe essere la decisione del Governo, è intervenuto sulla questione delle Concessioni Balneari per finalità turistico-ricreative.
Il tema, già evidenziato nel precedente articolo (LINK), è oggetto di un vivace dibattito originato dalla contrastante disciplina comunitaria e nazionale.
Le questioni di diritto rimesse all’Adunanza Plenaria
Il Presidente del Consiglio di Stato ha deferito d’ufficio all’Adunanza Plenaria due appelli in materia, rimettendo in particolare le seguenti questioni di diritto:
“1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turisticoricreative; in particolare, se, per l’apparato amministrativo e per i funzionari dello Stato membro sussista, o no, l’obbligo di disapplicare la norma nazionale confliggente col diritto dell’Unione europea e se detto obbligo, qualora sussistente, si estenda a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in genere e i soggetti ad essi equiparati, nonché se, nel caso di direttiva self-excuting, l’attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all‘accertamento dell’efficacia della fonte sia riservata unicamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di amministrazione attiva” e
“2) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l’amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio;
3) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali «aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145”
Le due decisioni, denominate poi Sentenze Gemelle, sono molto articolate ma , allo stesso tempo, in grado di fornire una chiara riposta ai quesiti posti dal Consiglio di Stato e, più in generale, dalla giurisprudenza.
Le pronunce in esame muovono da una valutazione preliminare: verificare se effettivamente la nuova normativa nazionale sia o meno incompatibile con i principi europei.
Prima delle Sentenze Gemelle
Il precedente della Corte di Giustizia
La questione era stata già sottoposta al vaglio dalla Corte di giustizia U.E., con la sentenza 14 luglio 2016, in cause riunite C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa, la quale ha affermato, in sintesi, i seguenti principi:
a) l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che essa osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati;
b) l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo;
L’intervento legislativo nazionale e l’evoluzione giurisprudenziale italiana
Tuttavia, in sfregio al dato normativo europeo e alla pronuncia sopra richiamata, il legislatore nazionale ha previsto ulteriori proroghe: da ultimo con la legge di bilancio 2019 le concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative in essere sono state estese fino al 31 dicembre 2033.
La nuova disposizione normativa ha dato luogo a differenti attuazioni da parte delle amministrazioni concedenti: alcune si sono conformate alla normativa europea, disapplicando la normativa nazionale; altre invece si sono mosse nel senso opposto.
Come facilmente ci si poteva attendere tale paradossale situazione ha ingenerato una serie di contenziosi, con decisioni anch’esse poco lineari.
Dopo Le Sentenze Gemelle
Come poc’anzi introdotto, vengono deferiti all’Adunanza Plenaria due ricorsi in appello su controversie concernenti il rigetto di istanze di proroga di concessioni ma le cui decisioni di primo grado avevano avuto esiti diametralmente opposti.
Si tratta degli appelli su Tar Puglia, Lecce, sez. I, 13 gennaio 2021, n. 73 e Tar Sicilia, Catania, 15 febbraio 2021, n. 504.
L’Adunanza plenaria afferma sin da subito che deve essere ribadito il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere.
La normativa nazionale contrasta tanto l’art. 49 TFUE quanto l’art 12 della Direttiva Servizi.
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Le questioni affrontate dal Consiglio di Stato
Le Sentenze Gemelle evidenziano tre questioni principali di fondamentale e di primaria evidenza:
1) la sussistenza di un “interesse transfrontaliero certo”;
2) qualificazione di questo settore come risorsa scarsa;
3) valutare se i principi affermati nella direttiva Bolkestein possano essere estesi anche alle concessioni demaniali.
Le prime due questioni vengono risolte affermando che in merito alle concessioni demaniali marittime, non si può negare né l’interesse transfrontaliero certo né la scarsità della risorsa: numeri alla mano è evidente che in virtù dell’introito generato da questo settore e visto il chilometraggio di spiaggia e la percentuale di concessioni instaurate, esse possiedano entrambi i presupposti richiesti dalla direttiva Bolkestein.
Motivazione per cui la “questione italiana” diverge dalla medesima che vede come protagonisti gli stati di Spagna e Portogallo, le cui coste non sono caratterizzate da percentuali di concessioni balneari neanche lontanamente paragonabili a quella italiana.
In particolare l’Adunanza plenaria evidenzia che “a causa del ridotto canone versato all’Amministrazione concedente, il concessionario ha già la possibilità di ricavare, tramite una semplice sub-concessione, un prezzo più elevato rispetto al canone concessorio, che riflette il reale valore economico e l’effettiva valenza turistica del bene.”; inoltre “in molte Regioni è previsto un limite quantitativo massimo di costa che può essere oggetto di concessione, che nella maggior parte dei casi coincide con la percentuale già assentita”.
Già queste considerazioni traducono in termini economici un dato di oggettiva e comune evidenza, legata alla eccezionale capacità attrattiva che da sempre esercita il patrimonio costiero nazionale, il quale per conformazione, ubicazione geografica, condizioni climatiche e vocazione turistica è certamente oggetto di interesse transfrontaliero, esercitando una indiscutibile capacità attrattiva verso le imprese di altri Stati membri.
Per quanto riguarda il terzo quesito, ovvero la valutazione circa la possibile estensione ale concessioni balneari dei principi contenuti nella direttiva Bolkestein, l’Adunanza plenaria procede all’esame delle singole argomentazioni contrarie.
In primo luogo evidenzia che l’obiettivo della direttiva non era (e non è) quello di “armonizzare” le discipline nazionali che prevedono ostacoli alla libera circolazione, ma, appunto, eliminare tali ostacoli (attraverso lo smantellamento, più che l’armonizzazione, delle leggi nazionali che ad essi forniscono una copertura normativa), al fine di realizzare un’effettiva concorrenza fra i prestatori dei servizi.
Secondariamente, quanto all’ambito di applicazione dell’art 12, afferma che “nella misura in cui pretende una procedura di gara trasparente ed imparziale per il rilascio di autorizzazioni in caso di scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, è norma volta a disciplinare il mercato interno in termini generali, applicandosi quindi a tutti i settori salvo quelli esclusi dall’ambito di applicabilità della medesima direttiva”.
Inoltre, la tutela della concorrenza (e l’obbligo di evidenza pubblica che esso implica) è una “materia” trasversale, che attraversa anche quei settori in cui l’Unione europea è priva di ogni tipo di competenza o ha solo una competenza di “sostegno”.
La distinzione tra Concessioni ed Autorizzazioni
Quanto all’eccezione che sottolinea la necessità di distinguere tra il concetto di concessioni (atto con effetti costitutivi/traslativi che attribuisce un diritto nuovo su un’area demaniale) e autorizzazione (atto che si limita a rimuovere un limite all’esercizio di un diritto preesistente), il Consiglio di Stato ritiene che tale distinzione giuridico-formale debba essere rivista in chiave funzionale, guardando all’effetto economico del provvedimento.
Il diritto interno incompatibile può essere disapplicato o occorre un ricorso alla Corte Costituzionale?
Sul punto l’Adunanza Plenaria fa un passo oltre statuendo che anche l’amministrazione stessa può disapplicare la normativa interna qualora in maniera palese ed evidente è contraria alla giurisprudenza europea, ribandendo il principio di disapplicazione.
Occorre disapplicare per garantire l’effettività.
E per il Futuro?
Sul punto, occorre considerare tre aspetti.
Anzitutto statuire una ricorrenza: il Consiglio di Stato, consapevole di aver affermato dei principi importanti che hanno un impatto di una certa gravosità dal punto di vista socio-economico, modula gli effetti della propria pronuncia posticipando la decadenza delle concessioni balneari in essere al 31 dicembre 2023, anche qualora dovessero intervenire proroghe da parte del governo, che dovranno considerarsi tamquam non esset.
In secondo luogo viene acclarato il diritto dei concessionari uscenti che hanno affrontato spese ed investimenti in ragione del provvedimento concessorio in loro possesso ad essere indennizzati.
Infine, per quanto riguarda la regolazione delle procedure di gara, l’Adunanza Plenaria individua una serie di principi in merito alla durata della concessione e all’eventuale diritto a concedere una seppur minima preferenza al concessionario uscente in virtù del know how e dell’esperienza specifica richiesta dal settore.
La durata andrebbe infatti commisurata “al valore della concessione e alla sua complessità organizzativa e non dovrebbe eccedere il periodo di tempo ragionevolmente necessario al recupero degli investimenti, insieme ad una remunerazione del capitale investito o, per converso, laddove ciò determini una durata eccessiva, si potrà prevedere una scadenza anticipata ponendo a base d’asta il valore, al momento della gara, degli investimenti già effettuati dal concessionario.”
Mentre, quanto al secondo aspetto, si afferma che “i criteri di selezione dovrebbero dunque riguardare la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori, essere collegati all’oggetto del contratto e figurare nei documenti di gara. Nell’ambito della valutazione della capacità tecnica e professionale potranno, tuttavia, essere individuati criteri che, nel rispetto della par condicio, consentano anche di valorizzare l’esperienza professionale e il know-how acquisito da chi ha già svolto attività di gestione di beni analoghi (e, quindi, anche del concessionario uscente, ma a parità di condizioni con gli altri), anche tenendo conto della capacità di interazione del progetto con il complessivo sistema turistico-ricettivo del territorio locale; anche tale valorizzazione, peraltro, non potrà tradursi in una sorta di sostanziale preclusione all’accesso al settore di nuovi operatori”.
Si riceve su appuntamento a:
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