8.1.2022 – Corte di Cassazione Civile – Sezione I – Ordinanza n.42143 del 31.12.2021

SE IL MINORE SOFFRE DI PATOLOGIE PSICOFISICHE O RISCHIA DANNI PER TALI MOTIVI, I GENITORI STRANIERI POSSONO STARE IN ITALIA


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Cassazione civile sez. I – 31/12/2021, n. 42143

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 17.2.2020 il Tribunale per i Minorenni delle Marche ha accolto l’istanza D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 31 di autorizzazione alla permanenza in Italia per gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico dei figli, proposta da S.A. e ha rigettato quella proposta da C.S., cittadini (OMISSIS) e rispettivamente madre e padre dei minori J. (nato il (OMISSIS)) e C.D. (nata il (OMISSIS)).

Il rigetto della richiesta del padre era stato determinato dai gravi precedenti penali di costui, risultanti dal casellario giudiziario, risalenti al periodo 2008-2018, data del suo arresto su ordine di custodia cautelare del Giudice per le indagini preliminari di Fermo.

C.S. aveva infatti riportato in data 30.1.2020 condanna per il reato di porto illegale di armi commesso nel (OMISSIS); gli era stata applicata ex art. 444 c.p.p. la pena di anni 1 e mesi 4 per i reati di minaccia e di cui alla L. n. 67 del 1985, artt. 7 e 4; risultavano poi a suo carico precedenti per il reato di lesioni commesso nel (OMISSIS), per il reato di guida in stato di ebbrezza commesso nel (OMISSIS) (dichiarato estinto per prescrizione), per i reati di violenza privata e danneggiamento commessi nel (OMISSIS) (dichiarati estinti per prescrizione); constavano inoltre segnalazioni per sfruttamento della prostituzione nel (OMISSIS); risultava infine l’arresto nel 2018 per il reato di cui all’art. 699 c.p..

2. La Corte di appello di Ancona con decreto del 22.1.2021, comunicato il 28.1.2021 ha rigettato il reclamo proposto da C.S., ritenendo che la reiterazione delle condotte criminose denotassero una pericolosità sociale non superata dall’attuale svolgimento di regolare attività lavorativa, che i due minori, ben radicati sul territorio italiano, uno dei quali (la piccola D.) affetta da fibrosi cistica e bisognosa di cure, potessero contare sulla madre e su di una solida rete di assistenza e relazioni affettive fornita dal nucleo familiare allargato e quindi non fossero esposti al rimpatrio;

che nel giudizio di bilanciamento dovesse prevalere l’interesse statuale alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale su quello di minori a non subire l’allontanamento del padre.

3. Avverso il predetto decreto con atto notificato il 17.3.2021 ha proposto ricorso per cassazione C.S., svolgendo quattro motivi.

Gli intimati, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni delle Marche e il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, non si sono costituiti in giudizio. 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 con riferimento all’interpretazione del concetto dei “gravi motivi” in senso restrittivo, per la mancata formulazione del giudizio prognostico circa le conseguenze della mancata autorizzazione.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione del diritto all’unità familiare.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 19 Testo unico dell’immigrazione, dell’art. 9 e seguenti della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20.11.1989, ratificata con L. n. 176 del 1991, del divieto di espulsione di soggetti minori e del diritto all’unità familiare.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione dell’art. 31 Testo unico dell’immigrazione e carenza e illogicità della motivazione.

2. I quattro motivi sono strettamente connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.

Essi meritano accoglimento nei sensi e nei limiti meglio precisati in motivazione.

3. il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, prevede che il Tribunale per i minorenni, “per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, possa autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico”. La predetta autorizzazione è revocata “quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia”.

L’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso temporaneo in Italia, prevista dal predetto art. 31 costituisce una misura incisiva posta a protezione del diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori, così salvaguardando il superiore interesse del minore in situazioni nelle quali l’allontanamento o il mancato ingresso di un suo familiare potrebbe pregiudicarne gravemente l’esistenza. L’interesse del familiare ad ottenere l’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso nel territorio nazionale riceve, cioè, tutela in via riflessa e nella misura in cui sia funzionale a salvaguardare lo sviluppo psicofisico del minore, che è il bene giuridico protetto dalla norma nonché la ragione unica del provvedimento autorizzatorio. La prevalenza dell’interesse del minore, non comporta l’esclusione dell’esistenza di una posizione soggettiva del genitore, ma significa solo che il primo, in caso di conflitto, deve sempre prevalere (Sez. 2, 20.10.2020, n. 22832).

Questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha recentemente chiarito che il diniego dell’autorizzazione D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 31 non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati considerati ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero, ma che tale condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione. Ciò deve avvenire all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto (Sez. un. 12.6.2019, n. 15750; successivamente, Sez.1, 12.2.2021, n. 3728).

Inoltre il precedente rilascio dell’autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del familiare del minore D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 31, non esclude la possibilità di una nuova autorizzazione (Sez. 1, 23.4.2021, n. 10849; Sez.1, 31.12.2020, n. 29996).

La giurisprudenza di questa Corte, infine, ha ripetutamente ribadito che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave, che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto.

Il giudice del merito deve svolgere un giudizio prognostico che, alla luce delle allegazioni delle parti e dei riscontri probatori anche provenienti da relazioni di agenzie pubbliche o indagini tecniche, conduca a comprendere se l’allontanamento del familiare possa determinare nel minore, in relazione alla sua attuale condizione di vita, un grave disagio psico-fisico dovuto al suo rimpatrio o, nell’ipotesi in cui, al rigetto della domanda debba conseguire anche l’allontanamento del minore, se il definitivo sradicamento dall’habitat sociale, relazionale, culturale e linguistico nel quale vive, possano produrre le conseguenze pregiudizievoli previste dalla norma, tenuto conto delle condizioni di salute e dell’età (Sez.1, 23.4.2021, n. 10849; Sez. 1, 21.2.2018, n. 4197 Rv. 648136 – 01; Sez. 1, n. 22080 del 16.10.2009, Rv. 610065 01; Sez. 1, n. 823 del 19.1.2010, Rv. 611037 – 01).

4. Non colgono il segno le argomentazioni del ricorrente che lamentano la violazione in via indiretta del divieto di espulsione dei minori con il loro allontanamento di fatto dal territorio nazionale, con riferimento all’art. 19 del Testo unico immigrazione e alla Convenzione di New York del 20.11.1989, perché assumono un presupposto inesistente e cioè il rischio di espulsione di entrambi i genitori dei minori e attribuiscono al decreto impugnato una implicita ma inesistente affermazione della possibilità di seguire i genitori in Albania.

La Corte marchigiana ha ragionato del tutto diversamente, perché ha dato per scontata la permanenza dei due bambini (una dei quali, la piccola D., bisognosa di continua assistenza sanitaria) in Italia, ha presupposto la permanenza in Italia della madre, a ciò autorizzata dal decreto del Tribunale reso in primo grado, e ha conferito rilievo all’ampio e saldo contesto familiare allargato capace di sostenere la madre nei compiti genitoriali. Tanto da prevedere esplicitamente, in termini di certezza che i minori “non si vedrebbero mai costretti ad allontanarsi dall’Italia” (decreto impugnato, pag.3, non numerata).

5. Ciò che fa difetto nel provvedimento impugnato e che lo consegna al denunciato vizio di violazione di legge è invece la totale omissione del necessario giudizio prognostico degli effetti sullo sviluppo psicofisico dei due bambini del distacco dalla figura paterna, non autorizzata alla permanenza in Italia, nello scenario futuro immaginato dalla Corte di appello.

6. I fatti sono accertati e non contestati nel provvedimento impugnato.

I minori sono nati tutti e due in Italia; J. ha quasi quattro anni, la piccola D. due ed è affetta da fibrosi cistica con invalidità al 100%; i minori risultano ben integrati, possiedono regolare titolo di soggiorno al pari della madre; possono contare su di una rete familiare ampia e solida; il ricorrente, nonostante i precedenti penali, attualmente ha intrapreso una regolare attività lavorativa con partita IVA.

7. Il decreto impugnato ha totalmente omesso di considerare e valutare, se del caso con l’idoneo supporto di una consulenza tecnica, le conseguenze potenzialmente traumatiche per l’equilibrio psicofisico dei bambini del distacco fra padre e figli conseguente al rigetto dell’istanza e ha così trascurato proprio l’obiettivo primario della norma.

In tal modo la decisione si è posta in contrasto con il diritto del minore alla conservazione dell’unità familiare e alla relazione con la figura paterna, che trova espressione per gli stranieri nelle norme del Titolo IV del Testo unico sull’immigrazione, in particolare nell’art. 28 e art. 31, comma 3, e nella disciplina pattizia della Convenzione di New York, recepita con L. 27 maggio 1991, n. 176 in particolare con i suoi artt. 3 e 9.

Il predetto art. 3 stabilisce che in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente e contiene l’impegno ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale.

Il successivo art. 9 sancisce il diritto del fanciullo a non essere separato dai suoi genitori a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo, decisione che può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo oppure se vivono separati ed una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo.

L’art. 315 bis c.c. riconosce al figlio il diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni e di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

8. L’interesse dei minori “a non subire l’allontanamento dal padre” è stato considerato alla pagina 4 del decreto in rapporto all’interesse statuale alla tutela dell’ordine pubblico contro la devianza criminosa (pregressa, peraltro) imputata al ricorrente in modo del tutto generico e disancorato dal necessario collegamento con le ricadute psicologiche scaturenti dalla privazione della figura paterna di riferimento, in ordine alle quali sono mancati tanto le indagini quanto le valutazioni.

La valutazione del benessere dei minori è stata condotta solo in una prospettiva meramente assistenziale ed economicistica.

9. Il decreto impugnato deve quindi essere cassato con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “In tema di richiesta di temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, il giudice del merito deve svolgere un giudizio prognostico che, alla luce delle allegazioni delle parti e dei riscontri probatori anche provenienti da relazioni di agenzie pubbliche o indagini tecniche, conduca a comprendere se l’allontanamento del familiare possa determinare nel minore, in relazione alla sua attuale condizione di vita, un grave disagio psicologico o fisico dovuto al rimpatrio, che può scaturire anche solo dalla mancanza di una figura genitoriale di riferimento.”

La Corte ritiene necessario disporre che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza. 

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 13 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2021 

Si riceve su appuntamento a:

Lodi – Lombardia
Corso Archinti n. 31
Pavia – Lombardia
Corso Cavour n. 17
Pietrasanta (Lucca) – Toscana
Via Strettoia n. 181

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