31.12.2021 – Corte di Cassazione Civile – Sezione I – Ordinanza n. 40279 del 15.12.2021

ELEMENTI DEL CONTRATTO: PRESUPPOSIZIONE – UN FATTO CHE NON C’E’ RILEVA QUANDO…

Cassazione civile sez. I – 15/12/2021, n. 40279 

RITENUTO IN FATTO

CHE:

Le Agenzie ippiche ricorrenti, in parte, avevano ottenuto il conferimento dell’esercizio dei servizi di raccolta e di gestione delle scommesse ippiche dall’UNIRE (Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine) (cd. concessioni storiche) protratto fino al dicembre 2005 e, per altra parte, erano risultate assegnatarie a seguito di un bando di concorso del 1999, e quindi riassegnatarie alla scadenza di quelle originarie, di concessioni per l’esercizio dei servizi di raccolta e di gestione delle scommesse ippiche.

Con domanda notificata il 23/11/2007, nel vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, centotrenta Agenzie ippiche – nella qualità di concessionarie del servizio di raccolta di scommesse sulle corse di cavalli – instaurarono un giudizio arbitrale nei confronti del Ministero delle Finanze e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali in forza della clausola compromissoria prevista dall’art. 15 delle singole convenzioni, deducendo, tra l’altro, che il fenomeno delle scommesse clandestine sulle corse dei cavalli aveva fatto venire meno di fatto il regime di esclusività, in capo alle amministrazioni concedenti, nella gestione delle scommesse legali, così determinando un decremento nella raccolta delle scommesse ippiche regolari, per perdita di corrispettivi ed incassi.

Le Agenzie, tra l’altro, chiesero al Collegio arbitrale di accertare se si fossero verificate trasformazioni oggettive tali da comportare l’alterazione del mercato legale delle scommesse ippiche lamentando che il settore aveva conosciuto una forte crisi, determinata sia dalla diffusione del gioco clandestino – e del quadro economico presupposto dal regime regolante i rapporti tra i Ministeri concedenti e le Agenzie concessionarie; di dichiarare non dovute dalle Agenzie ex art. 1460 c.c., le prestazioni patrimoniali previste a loro carico dal regime convenzionale; di condannare le Amministrazioni concedenti all’adempimento degli obblighi assunti nei confronti delle concessionarie ex art. 1453 c.c., con conseguente risarcimento del danno, richiesto per titoli diversi.

Con lodo definitivo sottoscritto il 16 marzo 2009, il Collegio arbitrale accolse solo in parte le domande proposte.

La Corte d’appello di Roma, innanzi alla quale il lodo arbitrale è stato impugnato – in via principale da quarantatre’ Agenzie ippiche ed in via incidentale dai Ministeri prima indicati e dall’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, nella contumacia delle altre Agenzie e dell’UNIRE – con sentenza n. 2365 depositata il 15 aprile 2016, ha respinto entrambe le impugnazioni.

In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte territoriale ha escluso la nullità del lodo nella parte in cui era stato escluso che l’inesistenza di un mercato di scommesse clandestino fosse un fatto inquadrabile entro lo schema della presupposizione e, perciò, condizionasse l’operatività del rapporto negoziale intercorrente tra le Agenzie e le Amministrazioni concedenti e che, comunque, ciò rilevasse come oggetto di un obbligo di garanzia di esclusività della concessione, gravante sui Ministeri.

Avverso tale decisione, l’Agenzia Ippica di Reggio Emilia e Sarzana e le altre società in epigrafe hanno proposto il ricorso per cassazione r.g. 26275/2016 articolato in un unico complesso motivo, al quale i due Ministeri hanno replicato con controricorso e ricorso incidentale con due mezzi.

S.I.S. Società Italiana Scommesse SRL in liquidazione e le altre società in epigrafe indicate hanno proposto separato ricorso per cassazione r.g. 26379/2016, sviluppando un’unica doglianza, al quale i due Ministeri hanno replicato con controricorso e ricorso incidentale con due mezzi.

Successivamente sono intervenuti in prosecuzione nel ricorso r.g.26275/2016 il Fallimento (OMISSIS) SRL ed il Fallimento (OMISSIS) SRL.

I ricorrenti incidentali hanno depositato memoria in entrambi i procedimenti.

La trattazione dei due ricorsi principali e dei due ricorsi incidentali, proposti avverso la medesima sentenza è congiunta, previa riunione. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1.1. Nel ricorso r.g. 26275/2016 è denunciata, con un unico mezzo, la violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, della L. n. 315 del 1942, del D.Lgs. n. 496 del 1948, della L. n. 449 del 1997, della L. n. 133 del 1999, del D.P.R. n. 169 del 1999, della Direttiva 4 febbraio 1999 del Ministero delle Finanze, del decreto 7/4/1999, della L. n. 212 del 2000, art. 9, comma 2, del decreto del Ministero delle Finanze 28/5/2001, del D.L. n. 452 del 2001, del documento conclusivo indagine conoscitiva sul settore del gioco e delle scommesse approvato dalla VI Commissione permanente del Senato della Repubblica nella seduta del 26/3/2003, degli artt. 1362 e ss. c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, così prospettando una complessiva censura che cumula mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5.

1.2. Segnatamente, le ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione di legge nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto insussistente la “presupposizione” nel rapporto negoziale in discussione, o condizione risolutiva tacita, consistente nella sopravvenienza del fenomeno diffuso delle scommesse clandestine, o comunque estranee al regime di concessione in vigore con le ricorrenti, fenomeno la cui assenza costituiva presupposto implicito del mantenimento della concessione-contratto.

1.3. Del pari lamentano il mancato riconoscimento dei presupposti per l’applicazione dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., sulla base del dedotto inadempimento del conseguenziale obbligo di evitare la diffusione del fenomeno delle scommesse clandestine (e, quindi, in buona sostanza per non avere evitato e/o ostacolato il venir meno del fatto presupposto).

1.4. Come osservato dal Procuratore generale, trattasi, all’evidenza, di doglianze tondate su presupposti del tutto diversi fra loro.

Il primo, consistente nel tacito riferimento che le parti della concessione – contratto avrebbero effettuato ad un regime di svolgimento delle scommesse sulle competizioni ippiche non interessato da fattori perturbanti. Per tali intendendosi l’esistenza di collettori di scommesse sottratte alla disciplina di esclusiva del servizio svolto in concessione dalle ricorrenti.

Il secondo, consistente nell’inadempimento dell’Amministrazione concedente all’obbligazione contrattuale di impedire la proliferazione di offerte clandestine di scommesse sulle competizioni ippiche. Dal che dovrebbe dedursi la fondatezza dell’eccezione di inadempimento svolta dalle ricorrenti.

Sia la citata presupposizione – inesistenza di un mercato di allibratori clandestini e permanenza di un mercato di scommesse esclusivo – che la suddetta obbligazione inadempiuta da parte del Ministero concedente sarebbero ricavabili dai principi di buona fede e di correttezza, relativi sia alla fase dell’esecuzione che dell’interpretazione contrattuale.

2.1. Nel ricorso r.g. 26379/2016 è denunciata con un unico mezzo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., con riferimento all’istituto della presupposizione inquadrato nell’ambito della integrazione del contratto secondo buona fede.

2.2. Le ricorrenti sostengono che – contrariamente a quanto statuito dalla Corte distrettuale – ricorrevano i requisiti della presupposizione, intesa come “circostanza esterna al contratto, non esplicitata al suo interno e non attinente alla causa ed all’oggetto del medesimo, e tuttavia tenuta presente dalle parti in sede di stipulazione, nonché ritenuta, anche da una sola di esse, indispensabile per il mantenimento del vincolo contrattuale, poiché il venir meno della stessa comporta l’inevitabile perdita di interesse al mantenimento del vincolo negoziale in capo alla parte, legittimandone di conseguenza, il diritto al recesso”, presupposizione che sarebbe venuta meno per l’indiscussa presenza del mercato illegale delle scommesse ippiche e della sua espansione in dimensioni pari a quello legale (fol. 9 del ric.); invocano, quindi, la spettanza in capo alle ricorrenti del diritto di recedere da un rapporto contrattuale per il quale non nutrono più un apprezzabile interesse.

3.1. I due ricorsi principali, da trattarsi congiuntamente per la sostanziale coincidenza delle doglianze svolte, sono infondati e vanno rigettati.

3.2. Quanto al tema della presupposizione (sul quale si soffermano entrambi i ricorsi), va premesso che, come di recente ribadito anche a Sezioni Unite da questa Corte (Cass. Sez. U. n. 9909 del 20/04/2018, con ampi riferimenti giurisprudenziali; conf. Cass., n. 17615 del 24/08/2020; in precedenza v. Cass. n. 22580 del 23/10/2014Cass. n. 20620 del 13/10/2016Cass. n. 5112 del 05/03/2018), si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso – pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali come presupposto condizionante il negozio (cd. condizione non sviluppata o inespressa), richiedendosi pertanto a tal fine:

a) che la presupposizione sia comune a tutti i contraenti;

b) che l’evento supposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti (e in ciò la presupposizione differisce dalla condizione);

c) che si tratti di un presupposto obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dall’attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all’oggetto di una specifica obbligazione.

Pertanto, la presupposizione è configurabile quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo soltanto subordinatamente all’esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto comune e determinante della volontà negoziale, la mancanza del quale comporta la caducazione del contratto stesso, ancorché a tale situazione, comune ad entrambi l’contraenti, non si sia fatto espresso riferimento; o, in altri termini, si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere obiettivo, essendo il suo verificarsi indipendente dalla loro volontà e attività, sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto comune in modo da assurgere a fondamento – pur in mancanza di un espresso riferimento formale o testuale – dell’esistenza ed efficacia del contratto.

L’accertamento in merito alla ricorrenza della presupposizione, inoltre, esaurendosi sul piano propriamente interpretativo del contratto, costituisce una valutazione di fatto, riservata, come tale, al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici (Cass. n. 20245 del 18/09/2009).

3.3. Nel caso di specie la Corte di appello ha escluso che le parti, in sede di concessione – contratto, abbiano fatto reciprocamente riferimento ad una doppia condizione – implicita ed inespressa- quale quella dell’esclusività del mercato delle scommesse ippiche, affidate in concessione dall’Amministrazione alle Agenzie, e quella dell’inesistenza di un mercato parallelo di allibratori clandestini, quasi di pari dimensioni rispetto a quello legale – sulla dirimente considerazione che “il monopolio riservato allo Stato è solo quello delle scommesse legali ed unicamente in tale ambito è stata assunta dall’Amministrazione la garanzia dell’esclusività concessa, per la zona di riferimento alle singole Agenzie ippiche” (fol. 8 della sent. imp.).

3.4. La decisione della Corte distrettuale è immune dai vizi logici e giuridici denunciati e la motivazione espressa in merito all’interpretazione delle concessioni è conforme ai principi enunciati ed alle regole codicistiche di ermeneutica contrattuale, così come l’accertamento in fatto in ordine alla non sussistenza, sotto alcuno dei profili appena ricordati come indispensabili nella giurisprudenza di questa Corte, degli estremi per la configurabilità della presupposizione.

3.5. In particolare, non si evincono dai ricorsi fatti decisivi, di cui sia stato omesso l’esame, in base ai quali desumere che il fatto invocato come presupposizione – e cioè l’esclusività del mercato delle scommesse ippiche e l’inesistenza di un mercato parallelo ed illegale delle scommesse o di un incremento esponenziale dello stesso – fosse comune a tutti i contraenti e che le parti vollero farlo assurgere a fatto condizionante l’efficacia della concessione-contratto, posto che – come puntualizzato dalla Corte distrettuale e non smentito nei ricorsi;

– al contrario, proprio “la Agenzie concessionarie operanti nel settore, bene conoscevano l’esistenza del fenomeno delle scommesse clandestine del cui possibile verificarsi ebbero ad accettare consapevolmente il relativo rischio imprenditoriale ed economico alla stipula e della sottoscrizione delle rispettive convenzioni -standard” (fol.9 della sent. imp.), circostanza che confligge con la possibilità dell’integrazione del contratto secondo buona fede, prospettato da alcuni dei ricorrenti (ric. r.g. 26379/2016, folli.).

Nemmeno è possibile ritenere che l’evento addotto come presupposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione di entrambe le parti, dovendosi ribadire che oggetto della concessione era il servizio lecito di raccolta delle scommesse nell’ambito del Monopolio di Stato e che la garanzia di esclusiva riguardava la zona di operatività riconosciuta individualmente a ciascuna Agenzia in detto ambito.

Infine, soprattutto, non vengono indicati nei ricorsi elementi in base ai quali concludere che quel presupposto inespresso fosse obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi fosse del tutto indipendente dall’attività e volontà dei contraenti, ed anzi, al contrario, viene addirittura ipotizzato (ric. r.g. 26275/2016, fol.29) un obbligo di garanzia a contrastare il mercato delle scommesse clandestine inadempiuto a carico delle Amministrazioni, alla cui inosservanza sarebbe conseguita il venir meno del fatto indicato, tesi che risulta inconciliabile con il carattere oggettivo ed indipendente dall’attività e dalla volontà dei contraenti dell’istituto della presupposizione.

Va aggiunto che il perdurare di determinate condizioni di mercato, oggettive ed esterne, rispetto al contratto, non può essere considerato quale presupposto implicito di un accordo negoziale, in quanto la valutazione della permanenza di tali condizioni rientra nella normale alea che ciascun contraente accetta prima di intraprendere un rapporto contrattuale destinato a protrarsi nel tempo. A diversa conclusione può giungersi soltanto ove le suddette condizioni, mutando, integrino la situazione di straordinarietà ed imprevedibilità delineata dall’art. 1467 c.c. (es. stato di guerra; calamità naturale; crollo della valuta etc.), fattispecie non invocata dalle parti ricorrenti, ovvero allorquando sia lo stesso legislatore a contemplare il mutamento delle condizioni oggettive del mercato quale presupposto legittimante una anticipata richiesta di porre fine al rapporto contrattuale (vedi il caso di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c.). La risolvibilità della concessione-contratto in argomento non può quindi farsi dipendere dal fenomeno sopravvenuto e non prevedibile – e quindi certamente non considerato, nemmeno implicitamente, dalle parti – dell’incremento esponenziale delle scommesse clandestine.

3.6. La questione dell’inadempimento dell’obbligo a contrastare il dilagare del fenomeno del mercato illegale delle scommesse, da ascrivere a carico delle Amministrazioni concedenti, nella prospettazione svolta nel primo ricorso principale (r.g. 26275/2016 v. sub. 1.3.) e fatto valere ai sensi dell’art. 1460 c.c., resta assorbito, dal rigetto delle doglianze relative alla mancata applicazione dell’istituto della presupposizione.

Va rimarcato che detto obbligo, che – comunque – non trova riscontro in alcuna espressa pattuizione contrattuale, alla stregua del ricorso e della sentenza impugnata, secondo l’impostazione argomentativa svolta delle stesse ricorrenti (fol. 28 e ss. del ric. r.g. 26275/2016) sarebbe sorto proprio in conseguenza della presupposizione condizionante la negoziazione contrattuale, con l’effetto che esclusa la ricorrenza di quest’istituto, cade anche la prospettazione del conseguenziale obbligo e dell’inadempimento anche a prescindere da ogni considerazione, circa la inconciliabilità tra i due istituti già prima affrontata.

4.1. Con due ricorsi incidentali di analogo contenuto, le Amministrazioni costituite hanno svolto due doglianze.

4.2. Con il primo mezzo hanno denunciato la nullità e/o inesistenza del lodo per difetto della potestas decisoria degli arbitri, in relazione all’art. 829 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 2 e per vizi in iudicando, insistendo per la eccezione di invalidità – a loro parere della clausola che riservava la facoltà della declinatoria della competenza arbitrale alle sole agenzie ippiche concessionarie, laddove, invece proprio le Amministrazioni la avevano esercitata ed il Collegio arbitrale aveva perciò deciso la controversia in totale assenza di potestas iudicandi.

4.3. Con il secondo mezzo hanno dedotto il difetto di legittimazione passiva delle Amministrazioni stesse, in relazione all’art. 829 c.p.c., comma 3 e vizi in procedendo.

4.4. I due ricorsi incidentali vanno dichiarati assorbiti, in ragione del rigetto dei due ricorsi principali (Cass. Sez. U. n. 7381 del 25/03/2013).

5. In conclusione, nel procedimento r.g. 26275/2016, il ricorso principale va rigettato, assorbito il ricorso incidentale; nel procedimento r.g. 26379/2016, il ricorso principale va rigettato, assorbito il ricorso incidentale.

Le spese di lite seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo cumulativamente in relazione ad entrambi i ricorsi, stante la assimilabilità e sostanziale omogeneità delle questioni trattate e delle difese svolte dai contoricorrenti.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali di ciascun ricorso, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto della L. 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dell’ stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019). 

P.Q.M.

– Rigetta i ricorsi principali (r.g. 26275/2016 e r.g. 26379/2016), assorbiti i ricorsi incidentali rispettivamente proposti;

– Condanna i ricorrenti principali in solido alla rifusione delle spese processuali, che liquida in Euro 14.000,00=, oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali di ciascun ricorso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2021 

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