ASSEGNO DIVORZILE: IL LAVORO POST SEPARAZIONE NON SAPUTO DAL CONIUGE NON BASTA PER METTERLO IN DISCUSSIONE
Cassazione civile sez. I – 30/11/2021, n. 37571
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Brescia ha dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio contratto tra G.E. e F.M. e disposto il pagamento di un assegno di 1.200,00 Euro mensili a carico di G.E. ed a favore di F.M. oltre ad Euro 350,00 per ciascuna figlia.
Con sentenza in data 8/11/2017, la Corte di Appello di Brescia ha confermato la suddetta pronuncia avverso la quale ha proposto ricorso in cassazione G.E. affidato a due motivi e memoria. F.M. si è costituita con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5,comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Brescia ha stabilito in Euro 1.200,00 l’assegno di divorzio per la ex moglie senza tener conto delle situazioni economiche delle parti e conseguente sproporzione delle rispettive posizioni economiche nonché del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio tenendo conto che la F. nata nel 1973 ben potrebbe espletare attività lavorativa essendo stata licenziata solo due anni prima dal suo lavoro di commessa in un negozio laboratorio di panetteria per comportamenti volontari.
Col secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia nullità della sentenza per omessa contraddittoria ed insufficiente motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, in quanto la Corte di Appello di Brescia non ha ammesso le prove testimoniali richieste in primo grado senza alcuna motivazione in merito e non ha tenuto conto della situazione economica del ricorrente e conseguente sproporzione delle rispettive posizioni reddituali nonché dell’impossibilità per il ricorrente di mantenersi con il solo importo che residua dopo il pagamento della somma mensile da versare complessivamente alla moglie come stabilito.
Il ricorso è inammissibile.
in realtà, la decisione impugnata ha già preso in considerazione la situazione economica delle parti ed in particolare che la ex moglie non ha redditi propri e le figlie nate rispettivamente nel 2004 e 2008 non hanno alcun reddito mentre il ricorrente percepisce circa 1.900,00 e vive nella ex casa coniugale mentre la F. deve pagare un canone di locazione di 500,00 Euro mensili.
La pronuncia impugnata merita di essere confermata sulla base della pronuncia delle Sezioni Unte di questa Corte (Sez. U, n. 18287 del 11/07/2018) secondo la quale “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. li giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”. Successivamente Sez. 1-, Ordinanza n. 21926 del 30/08/2019 sulla base dei medesimi principi: “L’assegno divorzile ha una imprescindibile funzione assistenziale, ma anche, e in pari misura, compensativa e perequativa. Pertanto, qualora vi sia uno squilibrio effettivo, e di non modesta entità, tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, occorre accertare se tale squilibrio sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due. Laddove, però, risulti che l’intero patrimonio dell’ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell’altro, si deve ritenere che sia stato già riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e – tenuto conto della composizione, dell’entità e dell’attitudine all’accrescimento di tale patrimonio – sia stato già compensato il sacrificio delle aspettative professionali oltre che realizzata con tali attribuzioni l’esigenza perequativa, per cui non è dovuto, in tali peculiari condizioni, l’assegno di divorzio”.
Ciò premesso il ricorrente, commerciante di mobili a Roncadelle, ha spontaneamente riconosciuto, che la signora F. aveva assunto maggiori oneri nella conduzione della vita familiare, sia pure solo per la cura delle due figlie con conseguenti rinunce – ad una propria realizzazione lavorativa e ad una propria autonomia economica. La circostanza che la F. di anni 44 abbia in passato lavorato come commessa dopo la separazione all’insaputa del ricorrente non ha qui rilevanza essendo la stessa attualmente disoccupata anche perché impegnata nella cura delle figlie di 9 e 12 anni.
Inammissibile appare il secondo motivo di ricorso finalizzato all’ammissione di capitoli di prova generici su circostanze non decisive che la Corte di Appello ha ritenuto irrilevanti, seppure implicitamente, ai fini della decisione.
Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese a favore del ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delleyese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2200,00 più 200,00 per esborsi, oltre spese nella misura del 15% come per legge a favore del controricorrente.
Ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 24 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2021