È COSTITUZIONALMENTE ILLEGITTIMO L’OBBLIGO DI AFFIDARE ALL’ESTERNO I CONTRATTI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE PREVISTO DALL’ART. 177 CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

Il primo comma della disposizione censurata prevede l’obbligo, per i titolari di concessioni che sono state affidate direttamente, di esternalizzare tutta l’attività oggetto della concessione. Tale previsione si concretizza mediante la stipulazione di contratti di appalto a soggetti terzi pari all’80% della concessione stessa e l’assegnazione del restante 20% a società in house o comunque controllate o collegate. Secondo la Consulta la disposizione costituisce «una misura irragionevole e sproporzionata rispetto al pur legittimo fine», fine garantista verso l’apertura al mercato e alla concorrenza. 

LA NORMA

“1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7, i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house di cui all’articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando le altre disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo è pari al sessanta per cento.

2. Le concessioni di cui al comma 1 già in essere si adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2022(1)(2). Le concessioni di cui al comma 1, terzo periodo, già in essere si adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2020.


3. La verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1 da parte dei soggetti preposti e dell’ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalità indicate dall’ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono essere riequilibrate entro l’anno successivo. Nel caso di situazioni di squilibrio reiterate per due anni consecutivi, il concedente applica una penale in misura pari al 10 per cento dell’importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza pubblica.”

Il primo comma dell’art. 177 Codice dei contratti pubblici, il d.lgs. n. 50 del 2016, sancisce che i soggetti pubblici o privati, che ricoprono la posizione di titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture, non affidate con la formula “finanza di progetto” o previo esperimento di procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto europeo, sono obbligati ad affidare una quota pari all’80% dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. 
Il restante 20% può essere realizzato da società in house per i soggetti pubblici, o da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, oppure tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica anche di tipo semplificato.


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IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Con delibera del 4.7.2018 n. 614 avente ad oggetto “Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’articolo 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea”, l’ANAC delineava le linee guida di natura interpretativa al fine di favorire la corretta ed omogenea applicazione della normativa 

Con giudizio promosso dinanzi al TAR Lazio veniva lamentata l’illegittimità delle predette linee guida sotto vari profili e, solo in via subordinata, veniva denunciata l’illegittimità costituzionale delle stesse e dell’art. 177 cit. in riferimento agli artt. 3, 11, 41, 76, 97 e 117 Cost.

Il Consiglio di Stato, investito della questione in grado di appello, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 177 del d.lgs. n. 50/20216 e dell’art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11.

L’autorità rimettente ritiene la disposizione costituzionalmente illegittima poiché in contrasto con gli articoli 3 e 41 della Carta Costituzionale.

LA CORTE COSTITUZIONALE

La Corte Costituzionale ritiene fondate le censure sollevate dal rimettente Consiglio di Stato.

Per quanto attiene il contrasto della disposizione con l’art. 41 Cost. occorre valutare la misura con cui la libertà di iniziativa economica può essere limitata in favore della tutela della concorrenza. La concorrenza deve considerarsi un principio fondante del libero mercato e dell’attività di impresa, tuttavia trova altresì fondamento nell’articolo 41 della Costituzione.

L’art. 177 d. lgs. 50 del 2016 favorisce la concorrenza “attraverso la restituzione al mercato di segmenti di attività ad esso sottratti, in quanto oggetto di concessioni a suo tempo affidate senza gara alle imprese concessionarie”.
La Corte stabilisce che deve osservarsi una particolare operazione di bilanciamento al fine di disciplinare la libera iniziativa economica e i limiti del suo esercizio. Per tale operazione assumono particolare rilievo numerosi fattori, quali: il contesto sociale ed economico di riferimento, le esigenze generali del mercato in cui si realizza la libertà di impresa, le legittime aspettative degli operatori.
L’art. 41 Cost. mette a disposizione del titolare del potere legislativo il potere di limitare e conformare la libertà d’impresa in funzione di tutela della concorrenza impedendogli tuttavia di eliminarne completamente il contenuto.
È infatti facoltà dell’imprenditore quella di scegliere l‘attività da svolgere.
Secondo la Corte, quindi, l’obbligo imposto dall’ 177 d.lgs. n. 50/20216 rappresenta una misura irragionevole e sproporzionata, come tale in contrasto con gli artt. 3 e 41, comma 1 Cost.
L’imposizione di appaltare a terzi la mole di attività concesse più importante (80%) priva l’imprenditore della diretta gestione della restante parte (20%). 

La Corte censura altresì l’irragionevole indifferenza o gradualità dell’obbligo di cessione, che poteva essere prevista in ragione di elementi rilevanti quali, fra gli altri, le dimensioni della concessione, le dimensioni e i caratteri del soggetto concessionario, l’epoca di assegnazione della concessione, la sua durata, il suo oggetto e il suo valore economico.Secondo la Consulta il legislatore avrebbe ben potuto perseguire lo scopo della tutela della concorrenza “calibrando l’obbligo di affidamento all’esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni concrete”: ad es., modulando i tempi oppure limitandolo ed escludendolo laddove “la posizione del destinatario apparisse particolarmente meritevole di protezione”.

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