QUANDO SI STIPULA UN CONTRATTO MISTO IN CASO DI VENDITA E RISTRUTTURAZIONE E DISCIPLINA APPLICABILE ALLA RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO

“Quando la volontà delle parti è finalizzata alla stipulazione di due distinti contratti, l’uno di compravendita e l’altro di appalto, non si configurerà la stipulazione di un contratto misto .
Nel caso in cui, a seguito della vendita, l’appaltatore non porterà a termine l’esecuzione dei lavori oggetto del contratto di appalto si applicheranno le disposizioni relative alla risoluzione per inadempimento ex artt. 1453 e 1455 c.c., mentre nel caso di conclusione dei lavori con ritardo nella consegna dell’opera o che presenta vizi si applicherà la speciale garanzia ex artt. 1667 e 1668 c.c.”

IL CASO

Con dichiarazione sottoscritta, il proponente si offriva di stipulare un contratto di compravendita dell’immobile in costruzione entro 15 giorni dalla data della sottoscrizione. La proposta stabiliva che l’immobile oggetto del contratto si trovava in stato di costruzione e che sarebbe stato ultimato entro fine luglio 2009.
La proposta prevedeva altresì la perdita di efficacia della stessa decorso il termine di 15 giorni.
Decorso il termine stabilito dal proponente, le parti stipulava un contratto preliminare avente ad oggetto la vendita dell’immobile allo stato di fatto con termine per la consegna al fine luglio 2009. Il venditore si impegnava quindi a modificare a proprie cure e spese, entro il rogito, la destinazione dell’oggetto della compravendita da locale uso deposito a locale uso abitativo.
In data 8 ottobre 2009, dopo il termine fissato dal contratto preliminare le parti concludevano il contratto definitivo avente ad oggetto il trasferimento di proprietà dell’immobile “nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava” dando atto che erano in corso operazioni di ristrutturazione e che il possesso giuridico veniva trasferito a maggio 2010.
L’acquirente citava in giudizio il venditore al fine di sentir pronunciare sentenza di condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento contrattuale, ed in particolare per aver consegnato in ritardo e con vizi l’immobile oggetto di contratto di appalto intercorso tra le parti.
Il venditore, costituendosi in giudizio, eccepiva la decadenza e la prescrizione dell’azione attorea.
Il giudice competente in primo grado, qualificando il rapporto intercorrente tra le parti alla stregua di due distinti contratti (Vendita e Appalto) accoglieva parzialmente le domande attoree, condannando il venditore appaltatore al risarcimento del danno a favore dell’attore.


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COME DEVONO ESSERE QUALIFICATI GLI ATTI

Il primo atto sottoscritto, la proposta di acquisto che prevedeva la stipula entro 15 giorni dalla sottoscrizione, deve intendersi come proposta sottoposta a termine. L’istituto è disciplinato dagli articoli 1326 c.c e seguenti.
Decorso il termine la proposta perde efficacia e, pertanto, l’eventuale accettazione tardiva di controparte dovrà essere qualificata alla stregua di una nuova proposta.
La proposta prevedeva che l’immobile, venduto allo stato in costruzione si sarebbe dovuto terminare entro la fine del luglio 2009.
Tale proposta, che prevedeva tanto la vendita quanto la ristrutturazione, non è stata tuttavia accettata.
Il secondo atto che viene in rilevanza è il contratto preliminare di compravendita. Con tale contratto le parti si impegnavano alla stipula del contratto definitivo entro la fine del mese di luglio 2009. Il promittente si assumeva l’obbligazione di provvedere alla modificazione della destinazione d’uso dell’immobile entro il termine della stipulazione del definitivo; mentre il promittente acquirente si impegnava ad acquistare l’immobile allo stato di fatto.
Tale ultimo concetto è stato poi ribadito nel contratto definitivo stipulato in data 8 ottobre 2009, atto che ha ad oggetto la sola compravendita del bene immobile.

E PER QUANTO RIGUARDA L’APPALTO?

Alla luce delle vicende, le parti (o meglio il proponente acquirente) intendevano stipulare un contratto misto solo inizialmente, con la proposta sottoposta a termine di efficacia di 15 giorni.
Occorre infatti ben analizzare il contenuto degli accordi sottoscritti per poter qualificare al meglio i contratti in essere tra l’una e l’altra parte. Successivamente, già con dalla stipula del contratto preliminare e ancor più con il definitivo, si può evincere l’intenzione dei soggetti di determinare il loro rapporto con due accordi separati e distinti. Il primo è un contratto di vendita, che ha avuto un corretto adempimento (ad eccezione di un ritardo nella consegna del bene), ed un secondo di appalto, stipulato oralmente che non ha invece avuto una regolare esecuzione.

PRINCIPI DI DIRITTO

Si rende opportuno un focus circa l’eccezione di decadenza e prescrizione sollevate dal convenuto.

Per meglio comprendere le motivazioni alla base della decisione del giudice occorre delimitare l’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di appalto.
In astratto si prospetta l’applicabilità di due distinti rimedi.
La prima è la disciplina generale dettata in tema di risoluzione per inadempimento prevista dagli articoli 1453 e 1455 c.c.

Art. 1453 c.c.
“Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.
Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.”

Art. 1455 c.c.
“Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”

La seconda disciplina applicabile è quella prevista in materia di appalto, speciale rispetto a quella predetta, disciplinata dagli articoli 1667 e 1668 c.c.

Art. 1667 c.c.
“L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall’appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna”

Art. 1668 c.c.
“Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore.
Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto”

Per determinare la disciplina applicabile al caso di specie, come giustamente evidenziato dalla giurisprudenza di merito, rileva la conclusione dei lavori commissionati all’appaltatore.
Infatti solo nel caso in cui i lavori (nel caso di specie, lavori di ristrutturazione) commissionati siano stati portati a termine, in ritardo e/o con vizi, si potrà applicare la disciplina prevista dagli articoli 1667 e 1668 c.c.
Secondo la Corte di Cassazione (sent n. 13983/2011) “in caso di omesso completamento dell’opera, anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell’anzidetta garanzia che, per l’appunto, richiede necessariamente il totale compimento dell’opera”
Nelle vicende del caso concreto trovano applicazione le ordinarie norme contrattuali. Il diritto al risarcimento dei danni sarà quindi disciplinato dalle disposizioni di cui al Libro IV, Titolo II, Capo XIV, Sezione I avente ad oggetto la generale responsabilità dell’appaltatore per inadempimento contrattuale.

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